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Renatino lavora tutti i giorni, guerra di classe sullo spot del Parmigiano Reggiano

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Tutto parte quando uno spezzone del film-spot del regista Paolo Genovese per promuovere il Parmigiano Reggiano comincia ad attirare l'attenzione di alcuni utenti della rete. Nel video il gruppo di giovani ambientalisti che si vede nelle pubblicità in tv incontra tale Renatino, operaio caseario che fa il famoso formaggio emiliano, che gli dice di lavorare 365 giorni l'anno, e di essere felice. Per la gioia dei visitatori guidati dall'attore Stefano Fresi, per i quali Renatino è "un mito". 

 

 

Tra i primi a segnalare il messaggio ritenuto controverso nello spot è stato Christian Raimo, scrittore e assessore municipale a Roma, che vede in quei trenta secondi di spot l'inno allo sfruttamento dei lavoratori e un atteggiamento quantomeno masochistico del povero Renatino. 

 

La vicenda è diventata virale, e l'azienda emiliana ha fatto un parziale mea culpa: "Ci dispiace se la volontà di sottolineare la passione dei nostri casari è stata letta con un messaggio differente, che non abbiamo avuto la sensibilità di rilevare e che, grazie al dibattito accesosi in rete, raccogliamo con grande rispetto. Questa la ragione che ci conduce a modificare lievemente la pianificazione della campagna, potendo intervenire sul quarto spot apportando alcune modifiche che accoglieranno quanto emerso" ha dichiarato Carlo Mangini, direttore comunicazione, marketing e sviluppo commerciale del Consorzio Parmigiano Reggiano.

 

Per Fresi, attore di Smetto quando voglio e di numerose commedie italiane, è tutto un grande equivoco, se non una polemica strumentale: "E' una pubblicità, un'opera di finzione e quando 'Renatino', che non si chiama così nella vita, racconta di essere felice di non andare a Parigi e di non vedere mai il mare perché lavora 365 giorni al Parmigiano Reggiano, è una cosa che serve allo sceneggiatore per magnificare il prodotto". "Perché reagire in questo modo ad una opera di finzione? Si può dire che è brutta, che è bella, ma non farne una lotta di classe, di politica, di diritto del lavoro, di sfruttamento dei lavoratori, perché non è un documentario, è una finzione. E' una pubblicità che deve vendere un prodotto, tutto qua. Non credo siano stati fatti dei torti ai lavoratori facendo questo spot pubblicitario", conclude l'attore.     

 

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