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Pagati in criptovalute, falsi green pass a 100 euro

Pina Sereni
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Promettevano, via Telegram, a numerosissimi «clienti» di fornire green pass autentici, muniti di codici QR perfettamente idonei a superare i controlli imposti dalle norme vigenti. I finanzieri del nucleo speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche hanno concluso un’importante operazione di contrasto al fenomeno delle truffe del certificato verde, identificando gli ideatori e materiali esecutori dell’illecita attività.

L’indagine coordinata dalla Procura i Milano, dopo il sequestro di 12 canali Telegram disposto dal gip Guido Salvini, ha consentito di individuare e perquisire diversi cittadini italiani in Veneto, in Liguria, in Puglia e in Sicilia, amministratori degli account che assicuravano l’autenticità del green pass grazie a una presunta complicità di personale sanitario, garantendo agli utenti la formula «soddisfatti o rimborsati». Le Fiamme Gialle hanno individuato gli ideatori delle truffe: due fratelli 30enni della provincia di Verona e un 19enne della provincia di Genova. Quest’ultimo, la cui casa è stata perquisita in agosto, aveva usato l’account collegato al numero di telefono della madre. Una volta ottenuto il pagamento - chiedeva circa 100 euro per un certificato vaccinale - non generava e non spediva i certificati pubblicizzati, ma si limitava ad interrompere le comunicazioni con le vittime. In tutto il giovane ha ricevuto compensi tra i 1.000 e i 1.400 euro in criptovalute, bitcoin o ethereum, ripartiti tra gli exchange Binance e Coinbase.

Più complessa la truffa massa in atto dai fratelli 30enni della provincia di Verona. I due, infatti, avevano nei loro pc e device anche fotografie di documenti di identità e tessere sanitarie di diverse persone che si erano rivolte a loro per avere i passaporti vaccinali falsi. Resta da capire come utilizzassero i documenti carpiti ai malcapitati. Sui loro canali, poi, postavano dei falsi messaggi di utenti che grazie ai Green Pass contraffati sarebbero riusciti ad aggirare i controlli anti Covid. I due erano in possesso anche di diversi referti falsi, utilizzati per attestare la negatività ai tamponi naso-faringei.

Determinante è stato il rinvenimento sui numerosi device degli indagati - sequestrati prima e analizzati poi - di fotografie di documenti di identità e tessere sanitarie, nonché referti di tamponi. Per l’indagine sono stati utilizzati strumenti di investigazione Bot e Avatar di ultimissima generazione, combinati a un innovativo e dinamico monitoraggio «real time» della rete e all’applicazione di tecniche di indagine all’avanguardia della Finanza.

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