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Inchiesta Open, Matteo Renzi muove guerra ai magistrati: "L'indagine è fuorilegge, Costituzione violata"

Dario Borriello
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Quella dell'inchiesta sulla fondazione Open sembra una partita a scacchi, giocata sul confine tra politica e giustizia. A muovere stavolta è Matteo Renzi, perché il leader di Italia viva si presenta in audizione davanti alla giunta per le Immunità del Senato portando quelle che, a suo avviso, sono «quattro prove schiaccianti che il pm di Firenze, lo stesso che ha arrestato mia madre e mio padre e poi annullato l'arresto, indagato mio cognato, mia sorella, i miei principali collaboratori e anche me in più di una circostanza, quindi a mio avviso ha una particolare sensibilità nei miei confronti, ha violato l'articolo 68 della Costituzione». Il volto è tirato, dopo più di un'ora passata a rispondere alle domande dei colleghi, ma il piglio è quello di sempre. Infatti spiega: «Ho trovato un significativo ascolto non per me, ma perché i pm rispettino la Costituzione. Sono tranquillissimo». E a confermarlo sono anche fonti di Italia Viva, rivelando la «grande soddisfazione del senatore Renzi dopo l'audizione. Sono state prodotte le carte che dimostrano le plurime violazioni costituzionali del pm fiorentino. Adesso Renzi attende con tranquillità l'esito dei lavori della giunta».

 

 

L'ex premier ha portato e consegnato ai colleghi dell'organismo camerale alcune carte che risultano allegate agli atti dell'inchiesta e che, secondo la sua linea, proverebbero un vulnus nell'azione del pubblico ministero. Si tratta, dice Renzi, «dell'acquisizione di corrispondenza nel giugno 2018 con il dottor Manes, dello scambio di Whatsapp con il dottor Marco Carrai, poi una serie di mail dell'agosto 2019: e questi sono palesi. Poi c'è il quarto, che io giudico molto convincente, ma valuterà la giunta, ed è quello relativo all'estratto conto con l'acquisizione da parte del pm in data 11 gennaio 2021». Ma non c'è nessuna volontà di sottrarsi al processo: «Per me non cambia nulla», rimarca più volte Renzi, che ci tiene a puntualizzare un concetto: «Dal mio punto di vista non c'è nessuna guerra con la magistratura, faccio mie le parole di oggi del presidente della Repubblica, non mi sento perseguitato, non grido al complotto». Il passaggio parlamentare è uno dei passaggi, anche politici, che il leader di Iv sta compiendo. Il più rumoroso, anche solo per la eco mediatica, resta ovviamente quello di sabato scorso dal palco della Leopolda, che ha attirato applausi ma anche critiche. «Mi colpisce la posizione dell'Associazione Nazionale Magistrati, che mi ha attaccato per ciò che è avvenuto nello scorso weekend», scrive nella Enews pubblicata alcune ore prima di parlare davanti alla giunta del Senato.

 

 

«Dalla stazione fiorentina - spiega il senatore toscano - non è arrivato nessun attacco al ruolo costituzionalmente decisivo della magistratura, anzi. Abbiamo auspicato che la magistratura faccia ciò che prevede la Costituzione. Quanto al mio intervento su Open, io non attacco nessuno. Porto dei fatti. Altri stabiliranno se ciò che dico corrisponde al vero o no». C'è anche un aspetto procedurale che va considerato in questa vicenda, ma è il presidente della giunta per le Immunità di Palazzo Madama, Maurizio Gasparri, a spiegarlo. «Renzi è stato ascoltato e ha portato notizie ulteriori rispetto a quelle riferite alla giunta, che si riserva di valutare nelle prossime settimane» se accogliere «la proposta della relatrice, Fiammetta Modena, di sollevare il conflitto di attribuzione per l'uso di questi messaggi Whatsapp che alcuni assimilano a corrispondenza, altri no». L'esponente di FI offre anche una prospettiva temporale, ma senza poter dare certezze sulla decisione: «Spero entro l'anno. Poi, però, dopo la decisione della giunta, che è tutta da verificare, deve esserci anche il passaggio in l'aula» a Palazzo Madama.

 

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