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"Molise criminale", storie di mafia nella regione che non ti aspetti

Dallo scandalo petroli degli anni '70 al maggiordomo del Papa di Vatileaks un libro racconta l'altro volto dell'isola felice

Grazia Maria Coletti
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Molise criminale”, storie di mafia nella regione che non ti aspetti, “quello che gli italiani non sanno su un crocevia di affari, omicidi, armi, droga, terroristi e latitanti”.  E' il titolo del libro di  Giovanni Mancinone, (da giornalista della carta stampata a vice capo redattore Rai), che racconta l'altro volto dell'isola felice di questa piccola regione dell’Italia di mezzo che “nasconde storie poco edificanti” (189 pagine, Rubbettino editore).

Dalle inchieste della Squadra Mobile e le Procure di Campobasso e Reggio Calabria sulle tracce dei boss del narcotraffico  in Colombia, ai borghi molisani pieni di ospiti senza un nome certo, terroristi, latitanti e in soggiorno obbligato. O eroine come Lea Garofalo, la testimone di giustizia contro la 'ndrangheta che doveva essere protetta ma non fu così. Il delitto PecorelliAngelo Izzo il nome più noto del massacro del Circeo. "Affari e rifiuti", "il ministro in carcere" e "le fabbriche svuotate". Tutto riporta in Molise.  Persino  negli scandali vaticani: dal maggiordomo del Papa del caso Vatileaks di Bagnoli del Trigno, all’intermediario per l’acquisto dell’immobile di lusso a Londra, molisano pure lui.

Tutto sotto soglia. Anche se da anni magistrati, investigatori e associazionismo antimafia lanciano l’allarme criminalità organizzata che però sembra non preoccupi poi tanto.  “Diffuso negazionismo o più subdolo minimalismo” il dilemma nella prefazione di Salvatore Calleri presidente della Fondazione Antonino Caponnetto. E questo in un territorio di “neve bianca e mare cristallino”, “boschi rigogliosi e uliveti antichi”, “che potrebbe somigliare in piccolo alla Svizzera” lo paragona l’autore con l’orgoglio del molisano doc ma che “dopo qualche anno in purgatorio, cooptato nella lista delle regioni in crescita economica, è stato invece retrocesso nelle zone dell’inferno del Sud sempre più povero e isolato”.

Nell’ultima grande inchiesta, la polizia da Campobasso è arrivata sino ai boss mafiosi in Colombia, a Bogotà, eppure l’impressione è che il male sfugga all’evidenza dell’opinione pubblica. Insomma, in regione a “coprire” la mafia sarebbe un atavico velo di buonafede. Ora, in 189 pagine il libro Molise criminale del giornalista Giovanni Mancinone prova a sollevarlo mostrando che anche questo piccolo paradiso del centro Italia ha il suo inferno.

Il viaggio dell’autore è tra le ombre di ieri e di oggi. Si parte dagli anni Settanta: in Italia scoppia l’inchiesta Loocked, il “caso petroli”. Si pensa sia solo una storiaccia romana però travolge pure un illustre molisano. È il ministro della Difesa di allora, Mario Tanassi, di Ururi, in Molise.

Il Molise riappare anche nella Loggia P2. A Roma – si legge nel testo - la sera del 20 marzo 1979 un giornalista viene ucciso in strada. È il direttore del settimanale Op. Si dice che il delitto sarebbe solo un filo della trama più estesa e fitta dei grandi misteri italiani e non coinvolgerebbe la regione-confetto. E invece la vittima ha sangue molisano: è Mino Pecorelli, di Sessano nel Molise, in provincia di Isernia.

L’altro inaspettato sottosuolo è la criminalità organizzata. Nell’85 – continua Mancinone – i magistrati spediscono lontano dalla sua Sicilia un personaggio rimasto impigliato in inchieste di mafia: è l’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino. Viene mandato in soggiorno obbligato a Rotello, in Molise. Come e dopo di lui cognomi di camorra, ‘ndrangheta e mafia pugliese (Sacra corona unita) diventano “ospiti molisani” ingombranti. In regione l’inevitabile aumento di violenza, sia mafiosa sia senza padrini.

Novembre 2004, uno dei tre condannati della strage del Circeo, Angelo Izzo - si rievoca nel libro - dal carcere di Palermo viene trasferito in semilibertà a Campobasso. Un anno dopo, in una villetta nel capoluogo molisano Izzo uccide madre e figlia quattordicenne. Ancora, inizi di maggio 2009. C’è una donna che sfida la ‘ndrangheta. Racconta ai pm di omicidi e vendette tra cosche del Crotonese, in Calabria. Lei è Lea Garofalo, 35 anni. Con sua figlia prova a rifarsi una vita ricominciando da Campobasso. Però la ‘ndrangheta non dimentica. Nel 2005, nel nascondiglio molisano Lea riesce a difendersi da un tentativo di sequestro in casa. Ma quattro anni dopo, a Milano, viene rapita, strangolata e il suo corpo bruciato in un magazzino di Monza.

Il 2012 è l’anno di “Vatileaks”, lo scandalo vaticano. Il giornalista lo ripercorre. Dall’appartamento di Benedetto XVI escono lettere riservate. Chi è il “corvo”? Viene arrestato nel maggio di quell’anno. Si chiama Paolo Gabriele, è il maggiordomo del Papa e – guarda il caso - è molisano di Bagnoli del Trigno. Pochi anni dopo un altro corregionale fa parlare di sé per un’ennesima vicenda legata alla Santa Sede. È il finanziere Gianluigi Torzi, “indicato – scrive Mancinone - come intermediario per l’acquisto di un immobile di lusso a Londra”.

In Molise il fiume nero esonda. Fioccano inchieste su traffico di rifiuti, impianti eolici, pizzo e tanta droga da portare gli investigatori in Sudamerica.

Nel 2017, parlando di cyberbullismo in una scuola di Campobasso l’ex capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha avvertito: “Il Molise non è più una regione esente ma non è neanche Sodoma e Gomorra". Tre anni più tardi il rapporto "La tempesta perfetta" di Libera Associazioni e Lavialibera accende l’allarme rosso: l’impennata delle interdittive antimafia emesse dalle Prefetture molisane: “Dalle sei interdittive del 2019 – è scritto – si è passati alle 28 del 2020 (+366 per cento)”. E, infine, nel settembre scorso, la Direzione distrettuale antimafia descrive lo scenario criminale in Molise. “Non trascurabile - è scritto nella seconda relazione Dia al Parlamento - il grado di penetrazione criminale nel tessuto sociale ed economico molisano proprio da parte di soggetti riconducibili a clan campani e pugliesi con pregiudicati locali anche stranieri ovvero con rom stanziali”.

“Questo libro – spiega nella prefazione il presidente della fondazione ‘Antonino Caponnetto’, Salvatore Calleri – ci conduce per mano nel Molise, specchio dell’anima dell’intero Paese”. Però, sottolinea il presidente, “è da registrare un diffuso negazionismo: ma davvero in Molise c’è mafia?”. “In regione la mafia non uccide – conclude Giovanni Mancinone - ma c’è”.

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