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Maxi-sequestro a Irene Pivetti: bloccati 4 milioni per l'indagine su reati tributari e riciclaggio

Carlo Solimene
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Una rete di società sparse in mezzo mondo, di fatto inattive, che avrebbero operato col fine di permettere il riciclaggio di fondi sottratti al fisco italiano. Sono pesanti le accuse rivolte all'ex presidente della Camera Irene Pivetti contenute nel decreto con il quale la Procura di Milano ha ordinato il sequestro preventivo di quattro milioni di euro di beni della stessa Pivetti e del suo consulente Pier Domenico Peirone. Lei, che dopo l'avventura in politica si era reinventata prima presentatrice tv e poi imprenditrice con affari anche in Cina, ora è tra gli indagati per riciclaggio e reati tributari insieme a Peirone e ad altre cinque persone. Tutto nasce da una serie di compravendite commerciali risalenti agli inizi 2016. Nel ruolo del venditore c'è la società «Isolani Racing Team srl» amministrata dal pilota di Gran Turismo Leonardo Isolani e indebitata con il fisco per oltre cinque milioni di euro. Stando a quanto ipotizzato dagli inquirenti, Isolani avrebbe deciso di privarsi di tutti i beni della sua società proprio per evitare l'assalto dei creditori. Così prima cede tutto a un'altra società sanmarinese amministrata dalla moglie, poi si accorda con la Only Italia Arts & Culture International Ltd di Hong Kong, una delle società della galassia riconducibile alla Pivetti (tutte accomunate dalla sigla Only Italy e passate al setaccio dal dettagliatissimo lavoro degli inquirenti). A passare di mano in due distinte compravendite, tra le altre cose, sono il marchio «"Isolani Racing team" racing with Ferrari», tre vetture di Maranello destinate alle gare Gran Turismo e un trattore stradale per il loro trasporto «da individuare». Prezzo totale dell'operazione: 1,2 milioni di euro.

 

 

Contestualmente, agli inizi dell'aprile 2016, la società della Pivetti sigla un accordo per il trasferimento di quasi tutti i beni della «Isolani» a una società di Hong Kong, la «More & More Investment Group Co Ltd del magnate Zhou Xi Jian, al prezzo di dieci milioni di euro. In pratica, in poche ore viene realizzata una plusvalenza di quasi nove milioni di euro. Che vengono pagati in diverse tranche con il grosso della cifra che non transita direttamente sui conti dell'ex presidente della Camera ma passa per una tesoreria fiduciaria, la «Louis Lai & Luk Corporate Services Limited» al prezzo di una salatissima commissione da 630mila euro. Poco, però, se si considera che l'introito, secondo gli inquirenti, attraverso questi stratagemmi sarebbe stato nascosto al fisco italiano evitando il pagamento di circa 3,5 milioni di tasse. Le somme, poi, attraverso una serie di altre società riconducibili alla Pivetti sono state reinvestite in altre attività imprenditoriali dell'ex esponente della Lega.

 

 

Particolare non di poco conto: i beni ceduti da Isolani, a eccezione del già citato marchio contenente la parola «Ferrari», non passano mai di mano. Anzi, lo stesso pilota si trasferisce a Tenerife, continua a svolgere la sua attività di istruttore di guida sicura all'estero e tenta nuovamente di vendere le tre autovetture di Maranello che, formalmente, aveva già ceduto. Quella iniziale, in pratica, sarebbe stata solo una compravendita fittizia volta a frodare l'erario. Irene Pivetti, che risulta già indagata per frode nelle forniture pubbliche per la vendita di mascherine false (le due vicende non sono però connesse) sarà interrogata oggi pomeriggio e per bocca del suo avvocato Filippo Cocco si è detta «pronta a chiarire ogni aspetto della vicenda». Intanto, l'atto di chiusura indagini dovrebbe preludere alla richiesta di rinvio a giudizio per lei e per gli altri sei indagati. 

 

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