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"Ho pianto per il Covid". Luca Zaia si confessa e dice no al lockdown per i no-vax: limiti costituzionali

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“Ho pianto per il Covid, ma dico no al lockdown per i non vaccinati” e ancora: “Io bullizzato da piccolo”. Le dichiarazioni, solo per certi versi sorprendenti, sono di Luca Zaia, leghista della prima ora e Presidente della Regione Veneto. Solo chi ha seguito l’impegno dei governatori sa quanto la loro azione sia stata improntata a tanto pragmatismo e a zero ideologia. Hanno operato sui territori come un chirurgo opera sulla carne viva del paziente. Zaia, insieme a Massimiliano Fedriga del Friuli Venezia Giulia, è sempre stato in prima fila. In un’intervista esclusiva al “Corriere della Sera”, il presidente, nonostante i numeri dei contagi in aumento, storce il naso davanti al lockdown per i no vax: “Ha oggettivi limiti costituzionali. Dovremmo investire di più sul dialogo convincendo gli irriducibili a vaccinarsi. Comunque, ogni decisione la prenderemo assieme, fra governatori. Se il vaccino obbligatorio è un tabù? Qualcuno può forse pensare che in questo Paese si possano accompagnare i cittadini coattamente a vaccinarsi?”.

 

 

L’esponente leghista, convinto assertore dell’autonomia regionale, è in libreria con la sua prima fatica letteraria: “Ragioniamoci sopra” e nega che si tratti di un manifesto politico: “Nessun salto nazionale. È scritto chiaro in quarta di copertina che questo non è un manifesto politico. – dichiara Zaia - .Volevo fare un "punto nave" su questo big bang della storia. La parte biografica c'è perché, nei momenti drammatici, l'essere umano pensa a chi è, da dove viene. Noi amministratori siamo identificati come persone fredde. Non è così”. E mette da parte il “celodurismo” della Lega rivelando: “Se ho pianto in pandemia? Certo. All'inizio, è stato tragico perché avevamo tutti paura di morire. Nessuno aveva le istruzioni per l'uso. Quel 21 febbraio 2020, quando mi hanno detto del primo caso di Covid a Vo' Euganeo, mi sono sentito come se entrassi in guerra. Era il momento di assumersi le responsabilità e io ho preso subito decisioni impopolari. Ma lì ti sostiene l'adrenalina. È come mi diceva mio nonno che ha fatto la guerra: il trauma lo avverti quando ci ripensi a mente fredda (…).L'esperienza da amministratore in pandemia mi dice che non abbiamo metabolizzato alcuna riflessione di quei mesi: l'emergenza che resterà è quella sociale, di cui non si parla, con conflitti nuovi e parte della comunità insofferente a ogni regola”.

 

 

Dall’intervista, esce uno Zaia inedito: “Ho imparato l'italiano a scuola. Io parlo italiano, penso in Veneto. Ero un bimbo che stava sempre fra gli adulti. Forse per questo avevo qualche problema coi coetanei, sono stato anche bullizzato. Ero l'oggetto di scherno, pieno di lentiggini. Venivo pure pestato. Le prendevo e non reagivo. Non sono mai stato un eroe di prestanza fisica. Da bambino, mi è pesato. Non frequentavo tanti coetanei”. Eppure diventa PR nelle discoteche, si laurea e entra in politica. Nel libro non cita mai politici contemporanei, compresi Umberto Bossi e Matteo Salvini con il quale “ho un ottimo rapporto. Ha preso un partito al tre per cento e l'ha portato su, oggi al 18. Ha toccato punte più alte, ma la politica è discese e salite”. E su Mario Draghi al Quirinale, il presidente osserva: “Nessuno valuta che Draghi in votazione apre due scenari: che venga eletto e allora decide il Parlamento; ma se non viene eletto dalla sua maggioranza siamo al cortocircuito”.

 

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