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Gaia e Camilla, a Pietro Genovese è bastato qualche assegno per tornare in libertà

Francesco Storace
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Ammirazione e tristezza. Le parole che la mamma di Gaia – ammazzata a 16 anni in un incidente stradale con la sua amica Camilla a Roma, a Corso Francia – sono quelle di una donna a cui, con la figlia, hanno tolto un pezzo di vita. E a tutti noi, ancora una volta, un pezzo di fiducia nella giustizia. Giovanni Terzi racconta, nell’intervista a Gabriella Saracino, di una speranza d’amore spezzata dalla gioventù bruciata di Pietro Genovese. Che la vita sua invece la salva grazie ad un buon conto in banca. Già, perché di questa storia triste l’ergastolo sostanziale è andato solo alle famiglie di Gaia e Camilla: per loro davvero il fine pena mai non lo cancellerà nessuno da cuori straziati. Mentre chi ha lasciato sul selciato di Roma i corpi di due ragazze belle e innocenti sta fuori senza aver trascorso una sola delle sue giornate in una prigione. Domiciliari, e già così suonava come una beffa. Poi, la libertà e monta la rabbia.

 

 

Per tanti anni si è parlato dell’omicidio stradale come reato da introdurre nei codici. Poi, a che serve se guidare oltre i limiti di velocità con il cellulare in mano uccidendo due ragazze ti «costa» una pena a 5 anni che poi si riducono a una ramanzina. Non lo fare più, mi raccomando. Non sbaglia chi afferma che Gaia e Camilla sono morte di nuovo. Basti pensare che si era persino tentato di gettare la croce addosso a entrambe, come si permettono due sedicenni di andare in giro di notte, e poi chissà se camminavano sulle strisce. Che vergogna, quelle azioni finalizzate a salvare chi le aveva tolte dalla faccia della terra. E invece proprio il processo ha fatto emergere che le due ragazzine avevano attraversato in modo prudente, passando sulle strisce pedonali dopo che il semaforo era diventato verde. Lui, Genovese, ma non ditelo al papà regista, era sotto effetto di alcool, però è potuto tornare libero.

 

 

In fondo era incensurato, per andare in una cella dovrà accopparne altre due. E poi, che diamine, dicono che ha avuto pure un corretto comportamento processuale. E ti chiedi come mai beve solo quando guida e non davanti ai giudici. Poi, ecco il motivo per cui è diventato un ometto giudizioso, sta nel fatto che la patente di guida gli è stata revocata. Quando leggi «motivazioni» del genere come fai a stupirti se poi c’è chi si fa giustizia da solo. Comunque i soldi non danno la felicità, ma sgravano le colpe se ne disponi in buona quantità. Niente galera, ma risarcimenti e assegni da 180mila euro a ciascuno dei quattro genitori. Se hai quattrini te lo puoi permettere. Meno male che a Corso Francia almeno quei fiori donati ogni giorno da chi non va ubriaco ad ammazzare per strada non appassiscono mai.

 

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