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Corso Francia, il dramma di Gabriella Saracino: "Senza Gaia non vivo più, voglio raggiungerla"

Giovanni Terzi
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«Non vedo l’ora di raggiungere mia figlia morta». È l’incubo di ogni genitore quello che una telefonata ti avvisi che a tuo figlio è successo qualcosa di grave; è una paura profonda, intima che ha le radici nell’innaturalità di sopravvivere a chi hai dato la vita. Il dolore per la morte di un figlio è narrato in una delle sue più belle poesie da Giosuè Carducci che così recita raccontando la fine della vita terrena di suo figlio Dante. «L’albero a cui tendevi, la pargoletta mano, il verde melograno, da’ bei vermigli fior, nel muto orto solingo, rinverdì tutto or ora, e giugno lo ristora, di luce e di calor. Tu fior de la mia pianta, percossa e inaridita, tu de l’inutil vita, estremo unico fior, sei ne la terra fredda, sei ne la terra negra, né il sol più ti rallegra, né ti risveglia amor».
Gabriella Saracino è la mamma di Gaia Von Freymann, che assieme alla sua amica Camilla Romagnoli, sono state investite ed uccise dalla macchina guidata dal giovane Pietro Genovese nella notte del 21 dicembre 2019 a Roma. Gaia e Camilla erano sulle strisce pedonali quando sono state investite. 
Pietro Genovese ha travolto le due ragazze mentre erano «sulle strisce pedonali, nel tratto della terza corsia di sinistra di Corso Francia e dopo che queste avevano iniziato l'attraversamento con il verde pedonale ma si erano fermate per aver notato alla loro sinistra provenire dal precedente semaforo ad alta velocità tre auto impegnate, di fatto in una gara di sorpassi, che non accennavano a rallentare». Lo scrive il giudice per le indagini preliminari di Roma nella motivazioni della sentenza con cui il 19 dicembre scorso ha condannato ad 8 anni di carcere Pietro Genovese per l'omicidio stradale di Gaia e Camilla. Ma oggi con Gabriella non vogliamo parlare soltanto dell’incidente o di come, di quegli 8 anni inflitti in primo grado, diventati 5 anni e 4 mesi in appello, in realtà Pietro Genovese non abbia scontato nessun fiore o in prigione; oggi vogliamo parlare di Gaia, di questa meravigliosa ragazza privata, per incoscienza di qualcuno, dalla possibilità di vivere una esistenza luminosa. «Vorrei, a volte, raggiungere in cielo il più presto possibile mia figlia». Così, senza alcun indugio Gabriella Saracino inizia il nostro colloquio. Una frase che mi spiazza profondamente perché detta con una fermezza disarmante.

 

 

Perché Gabriella dici questo?
«Gaia era il mio mondo, il motivo della mia esistenza. Sono una donna separata e Gaia era la mia unica meravigliosa figlia e sopravvivere a lei è umanamente non concepibile e affrontabile».

Ma non credi che Gaia comunque sia al tuo fianco anche se in modo totalmente diverso?
«Ho segnali di presenza tutti i giorni, lo dico in modo laico, e so che lei non vorrebbe che io soffrissi ma, ad oggi, mi è impossibile».

Come era Gaia?
«Una ragazza piena di entusiasmo, di energia positiva e con una vitalità e voglia di vivere contagiosa. Una ragazza piena di sogni, ben chiari, e progetti come ha scritto in questa lettera..”
Gabriella apre la borsa e recupera un tema che sua figlia scrisse cinque giorni prima di essere uccisa.
Si chiama «memorie dal futuro». «Ciao sono Gaia e ho 77 anni. Ho deciso di parlare un po’ di me e della mia storia. Non ho avuto una vita semplice, però sono stata sempre capace fortunatamente di rialzarmi. Sono nata l’11 giugno del 2003, in una famiglia apparentemente unità. Dopo la mia nascita è stato un susseguirsi di episodi. All’età di cinque anni i miei genitori si sono separati e all’età di sette mio padre ebbe un brutto incidente e rimase sulla sedia a rotelle per il resto della sua vita e questi avvenimenti hanno segnato tutta la mia vita nel vero senso della parola. Infatti dopo questo avvenimento non ebbi più un bel rapporto con lui ma fortunatamente ho avuto, dalla mia parte, mia madre. Lei è stata la mia forza ed è stata capace di rendermi ciò che sono fin ora, riuscendo a coltivare la bellezza dentro me...». Da questo inizio di lettera Gaia parla delle difficoltà che ha incontrato da piccola e da adolescente.

 

 

Che vita è stata con lei?
«Gaia ha sofferto per la separazione conflittuale con il suo papà e poi per il suo incidente in moto. Ha sempre tenuto tutto dentro di sé con grande dignità fino ad un giorno in cui scoppiò a piangere. Il mio ex marito amava lo sport e coinvolgeva Gaia dallo sci a qualsiasi cosa. Quando rimase sulla sedia a rotelle Gaia capì che il motivo della sopravvivenza del padre era quello di rivederla ma un giorno tutta questa emozione diventò un pianto e uno sfogo liberatorio».

Perché secondo te?
«Perché capì che non ci sarebbe stato più il rapporto di prima e, se ci pensi, quella frase scritta in questa lettera cinque giorni prima è stata profetica. Però Gaia sapeva rialzarsi e lottare. I suoi folli balletti davanti a me così come il suo desiderio di rendermi felice e farmi sorridere mi mancano in modo terribile». Continuo a leggere la lettera di Gaia che scrive «...durante la mia adolescenza avevo molti sogni nel cassetto uno dei quali era costruirmi una bella famiglia e fortunatamente il mio desiderio si è avverato. In tutti questi anni ho imparato a riconoscere le mie doti e i miei talenti, infatti non li ho sprecati...Devo dire che ho sempre seguito il consiglio di mia madre che mi diceva "arriva sempre in fondo, in fondo alle situazioni, ai discorsi alle conoscenze e alle possibilità". Ho tutto quello che ho bisogno e tutto ciò che ho amato sin da giovane: ovvero una casa, una bella famiglia e un bel lavoro che mi ha portato al successo. Perché in fondo sono le piccole cose a rendere felici!».

Una lettera che fa comprendere lo spessore umano di tua figlia...
«Gaia era divertente e amava la vita ed io con lei parlavo di tutto, dai problemi della adolescenza a quelli sessuali o di relazione; mi consigliava nel vestirmi e nel truccarmi, insomma ero sua madre ma anche amica».

Tua figlia è stata investita ed uccisa da Pietro Genovese qualche giorno prima del Natale del 2019. Avevate qualche progetto assieme?
«Avevamo programmato un viaggio per Natale noi due sole a Barcellona. Viaggiare con mia figlia era meraviglioso e proprio la sera dell’incidente avevamo parlato di questo. Ho impresso nella memoria la luce speciale che aveva quel 21 dicembre mia figlia negli occhi. Era più bella del solito».

Doveva incontrare qualcuno?
«Doveva andare a pattinare, in realtà sono andati a mangiare una pizza a Ponte Milvio ma quella sera rincontrò il suo fidanzatino Francesco con cui si erano lasciati da poco...».

E cosa accadde?
«A mezzanotte e ventuno minuti Gaia mi chiama e mi dice "non sai cosa è successo, ho rincontrato Francesco e lui mi ha guardato come mai ha fatto. Ti devo raccontare tutto". A mezzanotte e ventisette Gaia e Camilla venivano investite e uccise».

 

 

Il primo processo è terminato con una condanna a otto anni cosa pensi?
«Non voglio parlare in questa fase del processo perché siamo ancora in un momento delicato però una cosa la voglio dire...».

Dimmi Gabriella...
«Mi sono sentita offesa dalla difesa di Genovese che voleva dipingere Gaia e Camilla come due matte che attraversavano la strada quasi senza guardarla oltre che hanno disposto il prelievo dei liquidi dai corpi di Gaia e Camilla per verificare la presenza eccessiva di alcolici o droghe».

E cosa hanno trovato? 
«Nulla, solo acqua e pizza, ciò che avevano mangiato poco prima».

Devo dire che già è inumano affrontare la perdita di un figlio e se leggiamo la poesia di Carducci nella parola «antico» l’autore rimanda a un dolore che ha sempre colpito l’uomo, quello della morte dei giovani, che è incomprensibile per la logica umana.  Si tratta infatti di un interrogativo che rimane senza risposta: non può rispondere la Provvidenza che non riesce in alcun modo dare una spiegazione sensata alla morte, né può farcela l’espressione del dolore intimo e inspiegabile vissuto in modo laico. Ma se al dolore si affianca l’ingiustizia questo male diventa davvero difficile da superare.

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