Quando Brusaferro e Rezza dicevano: "Il Covid è come l'influenza"
«Mentre la task force viveva il momento ancora con una certa leggerezza, sottostimando la pericolosità del Covid, arrivò un nuovo alert, questa volta della Protezione civile. Era il 3 febbraio 2020, e le ultime notizie dalla Cina avrebbero dovuto far rabbrividire tutti: "È stata individuata una seconda città in quarantena, Wenzhou, che conta 9 milioni di abitanti, dalla quale proviene il 90 per cento degli immigrati cinesi in Italia. Per questi, al momento non c’è stata alcuna richiesta di rimpatrio».
È quanto si legge ne «La grande inchiesta di Report sulla pandemia» di Cataldo Ciccolella e Giulio Valesini da domani in libreria per i tipi di Chiarelettere.
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«Wenzhou, la città da cui proviene il novanta per cento degli immigrati cinesi in Italia, era stata messa in quarantena - sottolineano gli autori - si sarebbe potuto già pensare che, se il Coronavirus era dilagato a Wenzhou e nello Zhejiang, allora poteva essere già arrivato in Italia da qualche settimana; l’alert della Protezione civile avrebbe potuto essere una spia utilissima per attivare misure di prevenzione in loco, nelle nostre città, e non solo limitazioni di facciata alle frontiere aeroportuali».
«A emergenza internazionale ormai dichiarata, lo stesso 3 febbraio, il direttore dello Spallanzani Giuseppe Ippolito rassicurò tutti i presenti alla riunione della task force prevedendo l’attenuazione del virus. Silvio Brusaferro e Giovanni Rezza, che nel frattempo era diventato il direttore generale della Prevenzione al ministero al posto di D’Amario, rincararono la dose: per loro "i dati sono sovrapponibili a quelli dell’influenza", che faceva morti senza fare notizia. Insomma, era tutta colpa, come al solito, di giornalisti esagerati che creano inutili allarmi», aggiungono gli autori.