Focolaio di Aviaria a Ostia, l'infettivologo Andreoni lancia l'allarme: "Se fa il salto di specie saranno guai"
Occhio all'aviaria: se dovesse fare il salto di specie, e quindi diventare trasmissibile da uomo a uomo, come accaduto per il Covid, gli scenari sarebbero devastanti. A lanciare l'allarme in una conversazione con l'AdnKronos Salute è Massimo Andreoni, primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma.
«Il controllo della circolazione di ceppi aviari negli animali è fondamentale, perché questi ceppi si sono occasionalmente trasmessi all’uomo e hanno una letalità estremamente alta. L’H5N1 per esempio ha una letalità che nell’uomo arriva al 50%, l’H7N9 al 30%. Per fortuna fino ad oggi non ci sono mai stati passaggi interumani, da uomo a uomo, il virus si è trasmesso alle persone sempre per contatto diretto con l’animale malato. Essendo patogeni estremamente letali per l’essere umano, evidentemente bisogna fare di tutto per scongiurare che avvenga questa ulteriore acquisizione da parte del virus, cioè questa capacità di trasmissione da uomo a uomo» spiega Andreoni.
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L’esperto evidenzia l’importanza del monitoraggio sulla circolazione di questi virus fra i volatili, come testimoniato anche dall’isolamento di un caso in un allevamento avicolo non commerciale in località Ostia antica, nel Lazio, proprio grazie ai regolari controlli che scattano all’insorgenza di una mortalità anomala. «Abbiamo già avuto negli ultimi anni la circolazione di ceppi aviari fra gli uccelli, che ha creato anche delle epidemie tra questi animali. Eccezionalmente, il più delle volte nel Sudest asiatico, abbiamo avuto anche casi umani di aviaria. In queste zone ci sono stati anche piccoli focolai ma hanno sempre avuto numeri contenuti, non essendoci il passaggio da uomo a uomo infatti il rischio è ridotto nella trasmissione. In ogni caso, di infezioni umane ce ne sono state diverse centinaia in tutto il mondo» in più anni, «non poche se le guardiamo complessivamente. Le indagini epidemiologiche che vengono fatte normalmente sugli uccelli trovati morti e sugli uccelli selvatici e di allevamento, sono fondamentali, perché permettono di controllare la circolazione di questi virus tra la popolazione aviaria e allertare tempestivamente su eventuali casi che possono determinarsi negli esseri umani»,
La frequenza con cui si intercettano focolai fra i volatili nel nostro Paese e in Europa «al momento non sembra essersi intensificata rispetto al passato», conclude l’esperto. Ma certamente se questi fenomeni dovessero diventare meno sporadici sarebbe «qualcosa di preoccupante che va tenuto sotto controllo. Quando questi virus entrano negli allevamenti diventa sempre un problema estremamente serio. Ci sono allevamenti di pollame che sono stati completamente annientati dall’arrivo al loro interno dell’influenza aviaria». Deve essere «un fenomeno di attenta osservazione e bisogna intervenire immediatamente per bloccare l’epidemia stessa fra gli uccelli e per evitare il passaggio all’uomo. Questo adattamento del virus può sempre avvenire, nelle mutazioni che fa potrebbe anche acquisire questa caratteristica della trasmissibilità da uomo a uomo. Anche se finora per fortuna non è mai successo. Ci mancherebbe solo l’aviaria in questo momento», chiosa l’esperto.