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Covid, l'Accademia della Crusca boccia booster: inutile e incomprensibile. Si dice richiamo

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Non sempre i termini in inglese, spesso di uso comune nella lingua italiana, trovano il consenso degli accademici. Succede anche per il Covid. 

L’Accademia della Crusca, infatti, boccia il ricorso al termine inglese «booster» (con il significato di una dose di vaccino che accresce e rinnova gli effetti di una inoculazione precedente) al posto dell’italianissimo «richiamo» per indicare la terza dose del vaccino anti Covid. Appare «inutile e incomprensibile» l’uso di «booster» se rivolto al grande pubblico: è il verdetto espresso tramite il presidente della Crusca, Claudio Marazzini, professore emerito di Storia della lingua italiana nell’Università del Piemonte Orientale.

 

 

«La diffusione indiscriminata e acritica, tramite i media e non solo, della parola ’booster’ da sola e senza l’equivalente italiano, che pure esiste - dichiara Marazzini all’Adnkronos - mostra che ancora una volta si è persa l’occasione di aiutare gli italiani a capire meglio, forse per ’educarlì all’abbandono della loro lingua, o per dimostrare che l’italiano non ha parole adatte. E questo non è vero, perchè ’richiamò, per i vaccini, esiste dalla prima del Novecento».

 

Il presidente dell’Accademia della Crusca, la secolare istituzione incaricata di custodire il ’tesoro della lingua italiana, evidenzia come il ricorso a «booster» sia del tutto superfluo visto che «in italiano in questi casi abbiamo sempre detto ’richiamò, per esempio per l’antitetanica, e nessuno ha mai contestato questo termine». La parola «booster», ricorda Marazzini, è stata usata in una circolare nel ministero della Salute del 27 settembre scorso, firmata dal direttore della Prevenzione Gianni Rezza. Nella circolare, la prima volta che compare, il termine è posto tra virgolette, dopo non più. «Se ne spiega però anche il banale significato di ’richiamò, seppure in una parentesi», osserva Marazzini. 

 

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