Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Vaccino d'oro per Pfizer. L'azienda Usa insegue il profitto, lo scandalo sono i conflitti d'interesse

Franco Bechis
  • a
  • a
  • a

La Pfizer ha chiuso il terzo trimestre del 2021 con un fatturato di 24 miliardi di dollari cresciuto del 134% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e con un utile del trimestre di 8,1 miliardi di dollari, superiore a quello dell'intero anno scorso, che fu di 7 miliardi di dollari. Nei primi nove mesi di quest'anno il fatturato Pfizer è stato di 57,6 miliardi di dollari, superiore di circa 16 miliardi a quello dell'intero anno precedente, e sempre in 9 mesi ha registrato un utile di 18,5 miliardi che è più del doppio di quello dell'intero anno scorso e 10 miliardi superiore a quello dei primi nove mesi del 2020. L'intera crescita del fatturato e dell'utile è dovuta a un solo prodotto: il vaccino anti-Covid messo a punto con i tedeschi di BioNTech, da cui ha ricavato 14,5 miliardi di dollari nel terzo trimestre e 28,7 miliardi di dollari nei primi nove mesi del 2021.

 

Secondo i contratti già sottoscritti dai principali paesi del mondo, sono già sicuri incassi l'anno prossimo per 36 miliardi di dollari. Sono performance che qualsiasi grande azienda del mondo si sognerebbe, e lì però resterebbero le ambizioni, perché non si trova una crescita analoga in così breve tempo in nessun altra storia imprenditoriale nel mondo. Di tutto ci si può scandalizzare quindi meno del fatto che questi numeri vengano chiamati “business”, come ha fatto Sigfrido Ranucci durante l'ultima puntata di Report su Rai 3. Eppure da destra e sinistra è insorta la politica, con il Pd che addirittura bolla quel termine- “business” (affari in italiano)- come una tesi no-vax e altri che gridano: “questo non è servizio pubblico”.

 

Mi sembra evidente che ci sia un limite ampiamente superato in questo paese, ed è quello del buonsenso. La realtà va chiamata con il suo nome, e quella del vaccino Pfizer come quella di Moderna e un po' meno viste come sono andate le cose quella di AstraZeneca o Johnson & Johnson è squisitamente business. Applausi a scena aperta per gli scienziati che in così breve tempo sono riusciti a trovare un antidoto utile per combattere la peste del secolo, e ci saremmo attesi per loro il premio Nobel per la medicina. Ma poi dalle loro mani il brevetto è passato in quello delle multinazionali del farmaco la cui vocazione non è quella dei missionari. E' fare soldi, quanti più soldi possibile, cosa che sta riuscendo meravigliosamente ai manager Pfizer e che rende felici i loro azionisti. La realtà è questa, e non scandalizza perché le aziende farmaceutiche non vivono facendo la carità in nessuna parte del mondo. Si poteva limitare un pizzico questi risultati costringendole con normative internazionali a cedere brevetti per produrre quei vaccini senza inseguire il profitto almeno nei paesi più poveri del mondo che infatti ad oggi non sono praticamente protetti dal virus. Ma questa decisione ha trovato più nemici che sostenitori, e non è stata presa. Anche chi oggi si straccia le vesti davanti a un Ranucci che ha detto una verità banale, non ha fatto alcuna battaglia perché il governo italiano fosse in prima linea a chiedere nel G20 o nei vari consessi internazionali la cessione gratuita di quel brevetto. Ma non è accaduto nemmeno questo.

 

Non dobbiamo indignarci perché una grande azienda segue il profitto più alto possibile:è la sua missione. Però si può essere un pizzico più laici e sereni nel giudicare i report scientifici o le comunicazioni di quella stessa azienda. E' naturale che Pfizer ad esempio punti sulla terza come sulla quarta o quinta dose del vaccino. Ma i suoi studi sono di parte, non oro colato, perché sono mossi anche da evidenti e trasparentissimi interessi economici. Abbiamo per questo in tutto il mondo autorità indipendenti per approvare i farmaci e validare gli studi: in Usa la Fda, nella Ue l'Ema, in Italia l'Aifa e ogni paese ha la sua sigla. Quello che dovremmo pretendere per quei consessi è la vera e assoluta indipendenza. Che dovrebbe tradursi nell'incompatibilità a sedere in consigli scientifici o nei board dove si prendono le decisioni di chiunque abbia lavorato in precedenza con piccole e grandi case farmaceutiche. Questa incompatibilità non è assicurata, e infatti abbiamo appreso che nel comitato scientifico di Fda sedevano esperti che avevano avuto rapporti con Pfizer, e qualcuno si è pure dimesso. Spero (ma non ne sono affatto certo ascoltando le chiacchiere private anche di autorevoli esperti) che questa separazione sia netta in grado di superare anche il più maligno dei sospetti. Non fosse così è la sola cosa di cui davvero scandalizzarsi.
 

Dai blog