scontro sui numeri
Covid, "il numero dei morti non torna". Il professor Dumontet: solo 55mila attribuibili al virus, ecco perché
Il numero dei morti di Covid "non torna" e sono ancora tanti i misteri sulla pandemia, dagli effetti disastrosi che ha avuto al nord al "mistero" dei dati sui più giovani. Ad affrontare il tema con un contributo che farà discutere è Stefano Dumontet, professore ordinario all'università Parthenope di Napoli, che secondo quanto riporta La Verità - che lo ha intervistato - sta per pubblicare uno studio con altri scienziati di università italiane proprio sui decessi dovuti al coronavirus.
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Il dato da cui parte Francesco Borgonovo, autore dell'articolo, è il tasso di morti in Italia, il più alto del Dopoguerra, registrato nel 2020: "100.526 in più rispetto alla media 2015-2019" ma il dato non è uniforme. "In Italia, nel 2020, il virus ha ucciso il 3,5% dei positivi, ma in Lombardia la punta è stata del 5,4%, mentre in Campania appena dell'1,3%. Perché questa notevole differenza? E perché, nel 2021, il divario tra Nord e Sud non si è visto?" è la serie di quesiti da cui parte l'intervista.
"L'eccesso di mortalità del 2020 non trova una spiegazione univoca almeno nella sua totalità" spiega il professor Dumontet secondo cui "solo 55.576 decessi sarebbero attribuibili al Sars-Cov-2, quindi almeno 30.000 decessi non trovano una spiegazione" rispetto al totale fornito dall'Istat.
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"Io non voglio convincere nessuno o imporre una particolare tesi: analizzo i dati ufficiali su serie storiche. Essi mostrano una realtà più complessa di quella che vede nel Covid la causa di tutti i mali", premette lo studioso.
Il fatto è che "quello che appare dai dati Istat è che questa malattia non si è mossa come altre malattie infettive. In molte Regioni del Centro e del Sud la mortalità generale tra gennaio e febbraio e tra gennaio e agosto del 2020 è diminuita. L'influenza, per esempio, ha un andamento sincrono in tutte le Regioni italiane" mentre per il Covid " la distribuzione della mortalità sembra non compatibile con una malattia infettiva altamente trasmissibile" sostiene Dumontet.
Insomma, nel 2020 nelle Regioni del Nord, "può essere intervenuto un fattore ulteriore che ha prodotto il massacro", riassume Borgonovo.
C'è poi il caso dei giovani. Nel pieno dell'emergenza Covid sono morti in numero minore rispetto agli anni precedenti. "Fino a 44 anni la mortalità 2020 è stata più bassa della media 2015-2019. Prendiamo la Lombardia: nella fascia 0-14 anni, la mortalità ha segnato un -15,8%. Nella fascia 15-24 anni abbiamo un +4,1%. Tra i 25 e i 34 anni abbiamo un altro calo: 12,3% in meno. Nella fascia 35-44% anni c'è stato, invece, un piccolo aumento, +1,7%. Se consideriamo, nel complesso, la fascia d'età 0-34 anni notiamo una diminuzione della mortalità di circa il 10%" afferma Dumontet sottolineando un altro aspetto da scandagliare per capire a fondo le dinamiche della pandemia di Covid.
Passando al 2021, sui dati sembra evidente l'effetto dei vaccini. Ma i "demografi sanno bene che un anno ad alta mortalità, a meno che non si tratti di anni di guerra, viene sempre seguito da un anno con bassa mortalità. Il fenomeno è definito dai demografi, in maniera purtroppo un po' cinica, 'mietitura degli anziani'" spiega il professore. Insomma, meno "senior" uguale meno decessi. "Affermare che la mortalità nel 2021 è diminuita grazie ai vaccini, di nuovo, è una affermazione semplicistica che non tiene conto delle complesse dinamiche demografiche". Stessa valutazione per i ricoveri: "Bisognerebbe effettuare una valutazione comparativa tra le cartelle cliniche dei vaccinati e dei non vaccinati".