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Draghi fa pace col sultano. Il bilaterale con Erdogan al G20 dopo il sofagate

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Prima una stretta di mano, in apertura del G20, poi un bilaterale a margine del summit. Mario Draghi incontra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, primo faccia a faccia dopo il «gelo» di Ankara seguito alle parole del premier italiano: «Erdogan è un dittatore di cui si ha bisogno». Parole dure all’indomani del cosiddetto sofàgate, quando durante un incontro tra Erdogan e i leader Ue, Ursula von der Leyen dovette sedersi su un divano, lontano dai colleghi uomini, perchè mancava la sedia per lei. «Mi dispiace moltissimo per l’umiliazione che la presidente della Commissione Ue ha dovuto subire», disse allora l’inquilino di palazzo Chigi, tirando su di sé l’ira di Ankara (con tanto di convocazione dell’ambasciatore italiano). 

 

Sei mesi dopo - nel mezzo solo un colloquio telefonico tra i due - si tenta il riavvicinamento. Sul tavolo ci sono le sfide globali al centro della presidenza italiana del G20, ma non solo. Draghi e Erdogan puntano a rafforzare il partenariato bilaterale. Parla di un «costruttivo scambio di vedute» palazzo Chigi, con al centro anche le relazioni Ue-Turchia, la crisi afgana e la stabilità nel Mediterraneo, con particolare attenzione per gli sviluppi del processo politico intra-libico. 

 

In giornata Erdogan ha avuto un faccia a faccia anche con von der Leyen, con tanto di stretta di mano davanti ai fotografi, come si vede nell’immagine pubblicata sul profilo Twitter della presidenza turca. All’incontro erano presenti anche il commissario all’Economia Ue Paolo Gentiloni e il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. «Buono scambio con il presidente. Abbiamo fatto il punto su una serie di questioni, dalla pandemia alla ripresa economica, alla situazione in Afghanistan e altro», ha affermato von der Leyen. Il trattamento riservato alla presidente durante la visita ad Ankara ad aprile suscitò diverse polemiche, costando accuse di sessismo anche a Michel, reo di non aver ceduto il posto alla collega. Domenica invece per Erdogan sarà la volta dell’incontro con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. 

 

Il presidente turco già il mese scorso aveva riferito di sperare in un bilaterale con il presidente Usa a margine del summit G20 a Roma per discutere, tra le altre questioni, dell’esclusione di Ankara dal programma internazionale sugli F35, seguito all’acquisto di missili russi. Sullo sfondo c’è la perenne questione del sostegno americano ai curdi separatisti del Pkk-Ypg, negli ultimi anni vera e propria spina nel fianco dei rapporti tra Ankara e Washington. Assai probabile anche un faccia a faccia tra Erdogan e il presidente francese Emmanuel Macron. «Con questo governo francese è in corso una crisi molto seria», ha detto di recente Erdogan, sottolineando come i rapporti con Parigi fossero buoni nel pre Macron. Una crisi nata dal sostegno militare della Francia alla Grecia, dopo che un accordo di collaborazione in ambito di sicurezza e difesa tra Parigi e Atene ha fatto infuriare Ankara, che negli ultimi anni ha spesso protestato e mostrato i muscoli per la presenza delle navi francesi nell’Egeo e nel Mediterraneo Orientale. A partire dalle divergenze sulla Libia, la crisi è proseguita con le dichiarazioni di Macron sull’Islam in Europa, cui Erdogan ha reagito senza stare a badare alla diplomazia.

E probabilmente si parlerà anche della recente crisi diplomatica scaturita dall’appello per la liberazione del filantropo e dissidente Osman Kavala. Una crisi che ha coinvolto gli ambasciatori di Usa e Francia, ma anche la Germania e che riguarda la mancata applicazione della Turchia di una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’uomo e una procedura d’infrazione a carico di Ankara avviata dal Consiglio d’Europa.
 

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