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L'ipocrisia dei diritti negati. Paragone: perché ho votato contro il Ddl Zan

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Tutto prevedibile: il ddl Zan è diventato la maionese impazzita. L’esultanza del centrodestra per il successo della tagliola è stata vista e raccontata come una barbarie da chi, quel risultato (cioè una maggiore tutela contro i reati di omofobia), l’avrebbe potuto ottenere se non si fosse ostinato nella difesa di un testo mal scritto e divenuto sacro. In aula scene del genere si verificano perché il parlamento non conta più nulla e quindi una tagliola diventa una vittoria da manuale.

 

«I diritti possono attendere», titolava ieri in prima pagina Repubblica e questo è stato il registro del campo progressista. Insomma la prevedibile batteria di commenti all’insegna dei buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Con in mezzo il solito Calderoli descritto come l’orco cattivo della storia in quanto artefice del voto segreto a norma di regolamento, quello stesso regolamento che il leghista conosce talmente bene a tal punto da essere invocato spesso all’unanimità come presidente d’aula quando le discussioni si fanno intense e complicate.

I diritti sospesi, dicevamo. Come ho già avuto modo di dichiarare pubblicamente, mercoledì ho votato a favore della tagliola così come mi sarei opposto al ddl in qualsiasi forma sottopostami in questo periodo. L’ho fatto in un parlamento che impone un lasciapassare per esercitare il mandato elettorale. Non accetto in nessun modo di farmi prendere in giro in nome dell’allargamento di nuovi diritti per evitare discriminazioni, quando stiamo vivendo la più colossale delle discriminazioni su diritti fondamentali. E che, soprattutto, coloro che stanno creando tali discriminazioni sul lavoro, coloro che stanno comprimendo le libertà, coloro che già pensano a come prorogare oltre green pass o lockdown degni di un apartheid, si indignano per la bocciatura del ddl Zan.

Di più. Chi fa una battaglia in difesa dei diritti calpestati e umiliati dal lasciapassare viene deriso in televisione - spesso uno contro tre o quattro - e ora dovrebbe pure giustificarsi per la contrarietà ad approvare con urgenza il ddl Zan, per paura di essere etichettato come colpevole. Assurdo!

Né ho intenzione di cadere nella trappola del «ma che c’entra?», del «sono battaglie diverse», oppure «la difesa di un diritto non esclude la difesa di altri diritti». Tutte bugie degne della propaganda imperante. La priorità delle battaglie è un punto fermo di ogni strategia. La difesa del pieno diritto di lavorare senza discriminazioni e senza lasciapassare così come la difesa del pieno salario senza che questo sia intaccato dal pagamento di un pizzo di Stato ogni 48 ore vengono prima di tutto il resto. Non accetto vie di mezzo. Sono gli stessi piddini e neoliberisti vari che hanno smontato le regole a difesa della piccola impresa e del lavoro a tentare di ripulirsi la faccia gonfiando l’urgenza di altri diritti negati, un make-up perfetto. Viviamo in un Paese in cui il discriminato vero cioé il lavoratore viene trattato come appestato dagli stessi giornali che invocano lotte contro la discriminazione. Viviamo in un Paese dove i Buoni stanno dalla parte delle multinazionali che chiudono baracca e burattini e licenziano senza pietà. Un Paese dove i portuali che si oppongono vengono aggrediti con gli idranti.
Nessuna lotta contro le discriminazioni oggi ha più attualità e urgenza che non sia legata al lavoro, quel lavoro di cui nessuna classe dirigente si sta preoccupando, presa com’è a svendere l’Italia e gli italiani all’Europa.
 

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