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Allarme per il morbo che colpisce i bambini. Epidemia in tutta Italia: reparti pediatrici e terapie intensive strapiene

Luigi Frasca
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È allarme per l’epidemia di virus respiratorio sinciziale che sta colpendo in tutta Italia, bambini piccolissimi, con reparti pediatrici e terapie intensive degli ospedali strapieni di neonati e bebè con bronchioliti e polmoniti causate dal virus. A Padova sono 16 i piccoli ricoverati, di cui 4 intubati in rianimazione, «al Policlinico Umberto I di Roma 10 i ricoverati, di cui 2, di appena un mese di vita, in terapia intensiva, ma anche nelle altre regioni la situazione è analoga. Un’epidemia arrivata con 2 mesi di anticipo», riferisce Fabio Midulla, presidente della Società italiana per le malattie respiratorie infantili (Simri), professore ordinario di Pediatria all’università Sapienza e responsabile del Pronto soccorso pediatrico del Policlinico Umberto I di Roma, sentito dall’AdnKronos Salute.

 

 

«Il virus - spiega - se contratto nei primi mesi di vita del bambino provoca forme di bronchiolite gravi, con manifestazioni cliniche nelle basse vie respiratorie, mentre nei bambini più grandi e negli adulti si risolve con sintomi lievi, come rinofaringite, febbre o tosse. Ma i neonati sono spesso protetti dagli anticorpi materni che si trasmettono attraverso la placenta. Questa volta però non è stato così - fa notare l’esperto - e l’epidemia che solitamente arriva a dicembre-gennaio è scoppiata con 2 mesi di anticipo. Ce lo aspettavamo perché per un anno e mezzo il virus non ha circolato grazie alle misure anti-Covid (lavaggio delle mani, mascherine e distanziamento sociale). Ma non appena queste misure sono state allentate, i fratellini più grandi sono tornati all’asilo o a scuola, e con una popolazione senza anticorpi il virus ha cominciato a circolare, subito e in anticipo rispetto al solito, e sta dando forme gravi nei piccolissimi».

 

 

Il pediatra ricorda come non esista un vaccino specifico contro il virus respiratorio sinciziale (Rsv - Respiratory syncytial virus), ma «ci sono tre sperimentazioni in fase III di vaccini per le mamme e terapie con anticorpi monoclonali, indicati però solo per bimbi prematuri e particolamente fragili, quali i cardiopatici». In attesa dei vaccini materni, «dunque, l’arma principale resta la prevenzione - precisa Midulla - che consiste nelle misure di precauzione quali il lavaggio delle mani, le mascherine, il monouso dei fazzoletti da buttare sempre nella spazzatura, il distanziamento nel caso di un fratellino più grande malato e il non mandare a scuola i bambini prima che siano guariti», perché rappresentano fonte di contagio. Ma cosa rischiano i bebè, soprattutto quelli che finiscono in terapia intensiva? «Per fortuna - spiega il presidente Simri - il rischio di morte, a differenza che nei Paesi in via di sviluppo, da noi è molto basso, ma il virus può lasciare danni permanenti, a partire dallo sviluppo di asma da grandi, che si verifica nel 50% dei casi. Senza dimenticare - conclude lo specialista - che curare questi bimbi, che occupano posti letto nei reparti di pediatria e nelle rianimazioni, rappresenta un costo altissimo per la società, durante il ricovero, ma anche dopo. E dire che basterebbe seguire, sempre, semplici regole di igiene».

 

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