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Open Arms, nel processo sceneggiata sui migranti ci sarà Richard Gere contro Matteo Salvini

Laura Pirone
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È fissata per il prossimo 17 dicembre la seconda udienza del processo, iniziato ieri a Palemo, nel quale è imputato Matteo Salvini, segretario della Lega e all’epoca dei fatti ministro dell’Interno, con l’accusa di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per il caso Open Arms, la nave che nell’agosto del 2019 rimase per quasi tre settimane in mare in attesa di un porto di sbarco. A bordo erano presenti 147 migranti, ma per la nave arrivò il divieto di ingresso in acque territoriali italiane e dovette attendere in mare 19 giorni prima di ottenere l’assegnazione di un porto di sbarco. Tutti ammessi i testimoni: dall’attore Richard Gere all’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Con loro, a deporre, saranno chiamati anche l’ex vicepremier Luigi Di Maio e gli ex ministri ai Trasporti Danilo Toninelli e alla Difesa, Elisabetta Trenta. E tra i testimoni ci sarà anche Luciana Lamorgese.

 

 

In aula, a rappresentare l’accusa, c’erano il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, il procuratore aggiunto Marzia Sabella e i pm Gery Ferrara e Giorgia Righi. Presenti all’udienza, nell’aula bunker del carcere Pagliarelli a Palermo, Salvini, accompagnato dal suo legale, l’avvocato Giulia Bongiorno, e Oscar Camps, fondatore e direttore della ong Open arms. Poco prima dell’inizio dell’udienza, Salvini su Twitter ha postato un selfie dall’aula: «Qui Aula di Giustizia del carcere di Palermo. Il processo voluto dalla sinistra e dai tifosi dell’immigrazione clandestina comincia: quanto costerà ai cittadini italiani?». Per Salvini, «è surreale andare a processo per aver fatto il mio dovere». «Difendere i confini, la sicurezza, l’onore di un Paese - ha detto dopo l’udienza - è un dovere, non di un ministro, ma di chiunque. Mi spiace perché verrà Richard Gere. Quanto è serio un processo in cui verrà da Hollywood a testimoniare sulla mia cattiveria Richard Gere?». L’Italia, per la difesa di Salvini, «non doveva assegnare il porto». «Non c’era competenza italiana - ha detto Bongiorno all’uscita dall’aula bunker - e questo significa che una nave che batte bandiera olandese e che ha la possibilità di andare in una serie di porti, a partire da Malta, è una nave rispetto alla quale il Pos (Place of safety) non doveva essere dato dall’Italia. E se non c’era un obbligo di Pos da parte dell’Italia non ci poteva essere nessun tipo di reato».

 

 

In merito all’accusa di sequestro di persona, l’avvocato di Salvini ha spiegato che si tratta di un reato previsto «nel caso in cui la vittima è costretta a stare in un posto». In questo caso, secondo la linea difensiva, nessuno era «costretto a stare in Italia, mancano quindi i presupposti del sequestro. Se un signore in una stanza con cinque porte aperte vuole sfondare l’unica chiusa non è sequestro di persona». Chiede giustizia Oscar Camp, il fondatore di Open Arms. «Siamo qui per ottenere un segnale di giustizia. Questo è il significato della nostra presenza - ha affermato - Siamo qui per difendere il diritto di salvare le persone». E mentre in aula andava in scena l’udienza, all’esterno gli attivisti della rete "Our voice" hanno dato vita a un flash mob, esponendo una scritta contro l’ex ministro: «Signor Salvini, lei è così che salva gente?».

 

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