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Covid, vaccini più deboli con la variante Delta: la protezione dal contagio scende al 75%

Tommaso Carta
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Pur rimanendo con valori assolutamente soddisfacenti l’efficacia dei vaccini scende con la variante Delta. A spiegare i dati è il bollettino di sorveglianza esteso dell’Istituto superiore di sanità. Nel periodo nel quale dominava la variante Alfa (dal 4 aprile al 4 luglio) l’efficacia complessiva era dell’88,6% mentre con l’arrivo della Delta (dati dal 5 luglio al 17 ottobre) a soppiantare il ceppo fino a quel momento prevalente si scende al 75,6%. Questo risultato, si legge ancora nel report, indica che nella fase epidemica alfa, nel gruppo dei vaccinati con ciclo completo il rischio di contrarre l’infezione si riduceva dell’89% rispetto a quello tra i non vaccinati, mentre si osserva una riduzione del rischio per i vaccinati nel periodo delta pari al 76% rispetto ai non vaccinati. Diverso l’andamento per quanto riguarda la possibilità di ammalarsi in maniera severa. In generale, sebbene si osservi una diminuzione dell’efficacia nella fase epidemica delta, l’efficacia preventiva nei confronti di ricoveri (92% fase delta-95% fase alfa), terapie intensive (95% fase delta-97% fase alfa) e decessi (91% fase-vs 97%) rimane alta.

 

 

E nell’ultima settimana si registra anche un aumento di casi fra gli operatori sanitari. Sono 371 rispetto ai 306 dei sette giorni precedenti. Un dato che potrebbe essere influenzato pure dall’ampio lasso di tempo trascorso dal completamento del ciclo vaccinale. E proprio in virtù di un calo della protezione con il passare dei mesi dall’inoculazione il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, reputa «ragionevole» pensare che «già entro fine anno» ci sarà un aumento della platea della popolazione a cui sarà estesa la terza dose. «Ma non spetta alla politica decidere a chi e quando somministrarla - precisa -, ovviamente attendiamo le indicazioni scientifiche». Nelle ultime 24 ore intanto si sono registrati 3.908 casi nuovi casi di covid-19 con 39 decessi e un tasso di positività stabile allo 0.8%. In lieve rialzo i ricoveri in area medica (+12) mentre calano di 5 unità le terapie intensive con 20 ingressi giornalieri. In quanto al green pass, secondo i dati raccolti dalla Cgia di Mestre sarebbero 2,7 milioni i lavoratori ancora sprovvisti del certificato per recarsi sul luogo di impiego. E, a guidare la classifica con la maggiore percentuale di lavoratori no vax, c’è Bolzano con il 17,5%. o di 2,7 milioni (pari al 12,2% del totale occupati). Se a questi ultimi si sottraggono le 350mila persone che per ragioni di salute sono esenti dal possesso del certificato verde e 1,3 milioni di addetti che regolarmente si sono sottoposti al tampone durante la settimana, rimarrebbero «scoperti», ovvero senza Green pass, circa un milione di occupati. La sensazione, secondo la Cgia, è che molti dipendenti senza Green pass abbiano «aggirato» le disposizioni previste dal decreto legge, recandosi comunque in fabbrica o in ufficio. I controlli, così come previsti dalla norma, non sarebbero dunque, secondo l’associazione di categoria, «particolarmente stringenti».

 

 

A livello internazionale si segnalano gli sviluppi in Austria, dove il neo cancelliere Alexander Schallenberg ha annunciato che le persone non vaccinate potrebbero dovere affrontare nuove restrizioni se i numeri dei casi dovessero continuare ad aumentare. Se il numero di pazienti covid dovesse raggiungere 500, o il 25% della capacità totale del Paese, l’ingresso in attività come ristoranti e hotel sarebbe limitato a coloro che sono vaccinati o guariti dal virus. Peggio ancora se i ricoverati in intensiva fossero 600, o un terzo della capacità totale: i non vaccinati potrebbero essere autorizzati a lasciare la loro casa solo per motivi specifici.

 

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