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Le proteste di Trieste non sono un caso isolato. Il governo tuteli i manifestanti e la Lamorgese garantisca la democrazia

Gianluigi Paragone
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L’altra sera in televisione mi sono sentito dire, ancora una volta, che Trieste è un caso isolato, che la protesta non ha «contagiato» l’Italia e che tutto sommato sta andando tutto bene madama la marchesa. Non è vero. Il fatto di isolare Trieste e di raccontarla come una anomalia rispetto alla tranquillità generale rischia di essere una velina di Palazzo da ripetere nella speranza che diventi una verità. La vedo difficile come difficile è stato mantenere a galla la considerazione per cui il porto della città (un porto franco internazionale, tra le altre cose, protetto da uno status particolare) girava quasi a pieno regime per nulla disturbato dalle agitazioni dei portuali: se così fosse stato il Viminale non avrebbe ordinato la vergognosa carica di lunedì mattina. Evidentemente quelle astensioni dal lavoro stavano producendo il loro effetto. Dopo le cariche delle forze dell’ordine, Trieste è diventata il luogo simbolico di una resistenza composta per quanto radicale. Una protesta che però ora rischia di essere esposta alle cattive intenzioni di taluni.

 

 

Sabato il governo ci farà capire se solo chi non disturba il manovratore ha diritto a manifestare in sicurezza al contrario di chi rompe troppo le scatole e qualche manganellata in fin dei conti se l’è cercata. Tra pochi giorni la Lamorgese ci dirà se è in grado di garantire la tenuta democrazia. Dopo la manifestazione di Roma, dopo gli idranti e i lacrimogeni su gente inerme e dopo la imbarazzante relazione della ministra Lamorgese - quella della prova ondulatoria - capiremo se il Viminale aspetta la sua «vendetta» politica. Molti sono a conoscenza di possibili infiltrazioni da parte di gruppi organizzati, di falangi estreme pronte a rovinare la piazza con violenze e scontri con le forze dell’ordine. Del warning stanno scrivendo i giornali, evidentemente ispirati da fonti interne più che accertate. Poiché il ministero ha usato la forza contro cittadini privi di colpe se non quella di opporsi al Green Pass, domando che intenzioni abbia per fermare preliminarmente tali gruppi organizzati, assicurando la piena libertà di manifestare. Questa considerazione vale a maggior ragione dopo quel che accadde a Roma dove i soliti quattro esaltati ben organizzati di Forza Nuova ha potuto scorrazzare per il centro indisturbati, diventando la notizia politica di talk affamati di fascisterie varie. Se a Roma il valore della piazza No Green Pass è stato cancellato dagli scontri e dalla presenza di certi soggetti, a Trieste non può andare in onda il sequel. Stavolta sarebbe davvero impossibile da giustificare come impreparazione.

 

 

A meno che non faccia parte di una strategia di tensione, finalizzata a nascondere i fatti che stanno emergendo sulle morti per Covid, sul business che hanno fatto sul dramma e altro ancora. I manifestanti vanno salvaguardati dai teppisti e tocca al ministero farlo. E se ciò non dovesse accadere la colpa sarà interamente del ministro Lamorgese e della sua catena di comando. Aggiungo che i portuali e il Coordinamento 15 ottobre con Stefano Puzzer portavoce stanno facendo di tutto per moltiplicare l’effetto Trieste in altre piazze d’Italia, così da «alleggerire» il flusso e soprattutto mandare un messaggio politico per cui Trieste non è la sola piazza in protesta ma fa da capofila.

 

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