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"Sintomi di depressione raddoppiati con la pandemia". Gli psicologi lanciano l'allarme

Intervista al presidente del Consiglio nazionale dell'ordine, David Lazzari

Pierpaolo La Rosa
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Qualità della vita e salute dei singoli sono intimamente legate alla dimensione psicologica. Se n’è discusso al convegno, a Roma, dal titolo “La psiche al centro della vita”, organizzato dal Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, nell'ambito della Giornata nazionale della psicologia 2021. Un momento per fare anche il punto della situazione sulle conseguenze del Covid-19 sulla psiche delle persone. Ne parliamo con il presidente del Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi, David Lazzari.

Professor Lazzari, quali sono stati finora gli effetti della pandemia dal punto di vista psicologico?  

“Sono effetti significativi. A testimoniarlo ci sono gli ultimi dati di ottobre. C’è uno studio, che raccoglie 29 ricerche effettuate in tutto il mondo, in base al quale prima della pandemia si stimava che i sintomi depressivi, a livello internazionale, riguardassero il 12,9 per cento della popolazione al di sotto dei 18 anni di età. Adesso siamo al 25,2 per cento: la quota è raddoppiata. Sempre prima della pandemia, i sintomi di ansia coinvolgevano l’11,6 per cento della popolazione under 18. Ora, siamo al 20,5 per cento. Quanto ai disturbi clinicamente maggiori - non parliamo, quindi, più soltanto di sintomi depressivi - c’è stato un aumento del 27,1 per cento nella popolazione over 18, dalla fase pre pandemica a quella post pandemica. In questo stesso periodo, i disturbi di ansia hanno avuto un incremento del 25,2 per cento, sempre nella popolazione di età superiore ai 18 anni di età”.

Sui minorenni, poi, ci sono altri numeri decisamente preoccupanti.  

“Proprio così. Lo scorso 4 ottobre l’Unicef ha pubblicato un report mondiale, secondo cui un minorenne su tre ha una situazione di disagio psicologico, uno su cinque ha sintomi depressivi ed uno su sette ha una patologia psichica strutturata. C’è un malessere che è molto diffuso”.

Come si risponde a questa situazione?

“In due modi: con servizi che si occupano della cura delle persone che soffrono di un disturbo più significativo e con strategie di prevenzione e di promozione della resilienza. Il dato dell’Organizzazione mondiale della sanità, uscito qualche giorno fa, ci dice che nei 47 Paesi ad alto reddito, tra cui l’Italia, si hanno in media nei servizi di salute mentale 10,7 psicologi ogni 100 mila abitanti. In Italia - i dati sono del ministero della Salute - abbiamo per la salute mentale, in media, 5,3 psicologi ogni 100 mila abitanti: si tratta di uno ogni 20 mila”.     

C’è, inoltre, la questione del Protocollo con il ministero dell’Istruzione, per inserire psicologi nelle scuole, che non è stato rinnovato per questo anno scolastico. 

“Non è stato ancora rinnovato. Con questi dati preoccupanti, forniti da agenzie internazionali come l’Unicef, che ci dicono che il 25 per cento dei ragazzi ha sintomi depressivi ansiosi, dobbiamo fare un lavoro di prevenzione, un’azione diffusa di sostegno nelle scuole”. 

Se la politica non interverrà, cosa potrebbe accadere?

“Pagheremmo un costo enorme. Intanto, ci troveremmo in svantaggio rispetto ad altri Paesi come Inghilterra, Germania, Francia in cui stanno intervenendo. Uno svantaggio strutturale che potrebbe diventare un problema sociale ed economico”.

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