alta tensione
No Green pass, primo giorno di obbligo al lavoro: manifestazioni in tutta Italia con il rischio paralisi
Il popolo no green pass torna in piazza da Nord a Sud nel giorno che segna l'entrata in vigore dell'obbligo per le aziende pubbliche e private, con le forze dell'ordine allertate per contenere eventuali tensioni e disordini. Se a Roma è stato scelto il Circo Massimo per il sit-in allo scopo di contenere «un numeTo maggiore di persone», a Milano la questura è pronta a presidiare i luoghi più sensibili della città dove i manifestanti, senza alcun avviso di preallerta, si troveranno fin dalle 10 del mattino. Il tam tam è partito dai social dove si sono dati appuntamento davanti al Tribunale e all'Università Statale, ma anche all'Arco della Pace dove si terrà la manifestazione più importante.
Disagi e tensioni potrebbero scoppiare in città anche per il trasporto pubblico, oltre all'incognita relativa alle aziende che si troveranno a gestire i controlli dei propri dipendenti. Ma oggi sarà una giornata calda anche su altri fronti. Critica anche la situazione nei porti, dove blocchi e proteste rischiano di bloccare anche un comparto delicato come il trasporto merci via mare. Sul piede di guerra però ci sono anche gli autotrasportatori che hanno chiesto di posticipare l'obbligo per il comparto, senza però ottenere nulla. Un settore questo che potrebbe davvero mettere in ginocchio il Paese, se decidesse di fermarsi visto che su gomma passa oltre il 90% delle merci in Italia. Un allarme che viene rilanciato anche dal segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri, intervenendo alla trasmissione in radio condotta da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari: «Non mi aspetto un venerdì nero ma un venerdì complicato, quello si. Non escludo blocchi stradali, abbiamo segnali di difficoltà in giro e ci stiamo lavorando, vogliamo far si che si trovi una soluzione». La linea del governo però non cambia: nessun passo indietro.
L'unica «limatura» che si valuta a palazzo Chigi riguarderebbe un intervento sul credito di imposta per andare a «scontare» ulteriormente il prezzo dei tamponi. Si tratterebbe, viene spiegato, di andare a «ritoccare» la misura già attuata nel decreto Sostegni bis, che aveva introdotto il riconoscimento di un credito d'imposta al 30% per le aziende in relazione alle spese sostenute fino ad agosto per la sanificazione degli ambienti e l'acquisto di dispositivi di protezione individuale, comprendendo anche le spese per la somministrazione dei test «anti Covid». Scartata quindi la possibilità di prevedere tamponi gratuiovvero pagati dallo Stato. L'attenzione, a palazzo Chigi, è massima. Il premier ne ha comunque parlato ieri con i leader di Cgil, Cisl e Uil. Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri continuano a chiedere una revisione dei prezzi al ribasso e che i costi siano sostenuti dalle aziende. «Il tema verrà affrontato nel Consiglio dei ministri di domani», assicurano ma, in realtà, il dossier tamponi potrebbe non arrivare oggi sul tavolo del Governo.
Draghi non affronta l'argomento nemmeno nel corso della cabina di regia convocata per mettere a punto il decreto fiscale con i capidelegazione dei partiti che sostengono la maggioranza. Anche perché, in realtà, gli azionisti del Governo sono abbastanza divisi sull'argomento. Spaccato il centrodestra, con Lega e Fratelli d'Italia che continuano a chiedere tamponi gratuiti («non si creino lavoratori fantasma», dice Mateo Salvini) e Silvio Berlusconi che arriva aventilare la necessità di arrivare all'obbligo vaccinale. Contrari ai tamponi a carico dello Stato i dem. «Il tampone gratuito è come il condono per chi non paga le tasse. Noi siamo contro questa logica. Deve essere premiato chi è fedele, chi paga le tasse e chi si è vaccinato», dice chiaro Enrico Letta. Vuole un'ulteriore riduzione dei costi dei test, invece, Giuseppe Conte: «Il Movimento 5 Stelle chiede di calmierare immediatamente il prezzo dei tamponi perché chi vive in situazioni di indigenza deve avere la possibilità di fare un test senza che pesi in modo drammatico sul bilancio familiare».