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Un'altra emergenza in Italia, due milioni di persone senza fogne

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Siamo rimasti senza fogne: ben due milioni di italiani non sono allacciati alle reti fognarie. Triste ma vero, il Paese è indietro anche sulla gestione sostenibile dell’acqua, con all’ordine del giorno un’emergenza depurazione e fogne, e la mancanza d’acqua in alcune zone del Paese, senza contare l’incidenza delle perdite di rete. È questo il quadro dipinto da Legambiente.

È urgente - spiega Legambiente - «definire un approccio circolare per una gestione della risorsa idrica più equa, razionale e sostenibile coinvolgendo il settore urbano, civile, industriale e agricolo». Ad oggi la situazione è difficile: le infrazioni Ue sulla depurazione e le acque reflue costano al nostro Paese 60 milioni di euro all’anno in 379 Comuni; ci sono 2 milioni di italiani che non sono allacciati al sistema di fognature; e, come se non bastasse, il 42% dell’acqua si disperde per perdite nella rete (secondo i dati del Blue book di Utilitalia) che è ormai «obsoleta».

Inoltre l’Italia è tra i Paesi europei soggetti ad uno stress idrico medio-alto: utilizza in media tra il 30% e il 35% delle sue risorse idriche rinnovabili, a fronte dell’obiettivo europeo di efficienza che prevede di non estrarre più del 20% di quelle disponibili; se si guarda alla popolazione invece il 26% è sottoposta a un forte stress idrico. Siamo anche il primo Paese in Europa per prelievi di acqua potabile, con oltre nove miliardi di metri cubi all’anno.

«Gli investimenti delle utility - afferma Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia - oggi superano i 3 miliardi all’anno: la media nazionale è salita fino a 44 euro per abitante l’anno, un dato che però scende a 26 euro al Sud e crolla a 5 euro nelle gestioni comunali. Non a caso il 73% delle procedure d’infrazione legate alla depurazione si concentra nel Mezzogiorno. La gestione del servizio idrico integrato da parte di operatori industriali rappresenta la strada migliore per erogare servizi di qualità» e offrire «un esempio virtuoso di economia circolare».

È così che Legambiente lancia le sue proposte per l’economia circolare dell’acqua: si va da «interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato» alla separazione delle «reti fognarie», dagli investimenti «sullo sviluppo di sistemi depurativi innovativi» alla «defiscalizzazione in tema idrico» come per l’efficienza energetica. Allora Legambiente tira fuori anche delle pratiche virtuose «a cominciare dagli impianti di depurazione dove la transizione ecologica e digitale è iniziata in Europa da diversi anni»; come per esempio quelle sul riutilizzo delle acque reflue a Peschiera Borromeo (Mi), il recupero di biopolimeri a Sesto San Giovanni (Mi), la fitodepurazione per il trattamento e riuso delle acque grigie sul Lago Trasimeno (Pg).

Ed è per questo - conclude Legambiente - che «bisogna cambiare passo: servono piani di adattamento al clima e più risorse indirizzando meglio quei 2,9 miliardi del Pnrr per realizzare opere che riducano il problema delle perdite di rete e portino efficienza nella depurazione del nostro Paese. Bisogna anche ridurre gli sprechi e aumentare il riuso. Da qui bisogna partire se si vuole arrivare ad un approccio di economia circolare» per l’acqua.

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