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Bambino cieco e tetraplegico per il formaggio contaminato, la svolta nel processo

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A 4 anni è diventato cieco e tetraplegico per aver mangiato del formaggio prodotto con latte crudo contaminato da un raro ceppo del batterio escherichia coli che gli avrebbe provocato una gravissima forma di sindrome emolitica uremica. Così sostiene il pm di Trento, Maria Colpani, alla luce delle indagini dei carabinieri del Nas e delle perizie di parte civile prodotte dall’avvocato Paolo Chiariello che rappresenta la famiglia del bambino, come apprende LaPresse.

Il gip Claudia Miori, rigettando la richiesta di archiviazione avanzata dai difensori del caseificio che ha prodotto il latticino e dei tre medici che non avrebbero riconosciuto subito e curato in modo adeguato la sindrome, ha disposto che la procura abbia ancora 5 mesi di tempo per approfondire il caso.

Nel registro degli indagati restano pertanto iscritti l’allora presidente del caseificio e il casaro, indagati per lesioni personali gravissime e somministrazione di sostanza alimentari nocive per la salute, un medico di un ospedale di valle che per primo visitò il bambino e altri due medici del Santa Chiara di Trento rispettivamente per rifiuto d’atti d’ufficio e lesioni personali gravissime in ambito sanitario.

 «Il piccolo ha avuto i primi sintomi 24 ore dopo l’assunzione del formaggio - dice a LaPresse l’avvocato Chiariello -. Le perizie che abbiamo depositato mettono in correlazione diretta l’insorgenza della sindrome con l’ingestione del prodotto che, repertato e analizzato, mostra la contaminazione da una particolare tossina da escherichia coli. Così sostengono i carabinieri del Nas e i nostri consulenti: la professoressa Silvia Bonardi, docente di ispezione degli alimenti di origine animale presso il dipartimento di scienze medico-veterinarie e direttrice della scuola di specializzazione in ispezione degli alimenti di origine animale dell’università di Parma; il professor Lapo Mughini Gras, epidemiologo senior del centro per il controllo delle malattie infettive dell’Istituto nazionale per la sanità pubblica e l’ambiente dei Paesi Bassi e professore associato di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare presso l’Institute for risk assessement sciences dell’università di Utrecht, e il dottor Alberto Edefonti già direttore dell’unità operativa complessa di nefrologia, dialisi e trapianto renale pediatrico dell’ospedale Maggiore Policlinico di Milano». 

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