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Con la pillola contro il Covid Pfizer fa bingo: nuovo business, punta su chi teme l'iniezione

Franco Bechis
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C'è una speranza molto concreta per chi oggi ha ancora paura del vaccino. Ma è affidata allo stesso produttore del vaccino su cui ci sono più polemiche, il simbolo stesso di Big Pharma, la Pfizer. E' una pillola anti-virale (un ritorno alle origini della casa farmaceutica che fino all'anno scorso era nota e magari benedetta in tutto il mondo per il Viagra) che secondo la sperimentazione fin qui effettuata può curare il Covid ed ha buoni risultati anche con un uso preventivo in caso di contatto diretto con un contagiato. Non stiamo parlando di una pratica di stregoneria come tante che vengono propagate da falsi medici che fanno bere una marea di fandonie alla povera gente. Il farmaco è ancora allo studio ed è a un passo dalla richiesta di approvazione da parte delle autorità sanitarie. Ma soprattutto, come racconta il nostro Dario Martini nel suo articolo, è considerato dall'azienda produttrice una delle possibili leve del loro business già nel 2022, come ha spiegato l'amministratore delegato finanza della casa farmaceutica, Frank D'Amelio, il 14 settembre scorso in una videoconferenza con il management di Morgan Stanley.

 

 

La pillola anti-Covid che utilizza un antivirale già sperimentato con successo come inibitore dell'Hiv, il virus dell'Aids, punta ad essere commercializzata per un uso sotto controllo medico a casa, e potrebbe essere in questo una vera svolta nelle politiche anti-Covid. Non si sostituirà al vaccino, e su questo D'Amelio è stato più che chiaro. Pfizer ha avuto grazie alle dosi un balzo di fatturato e utili che non aveva mai visto in tempi così brevi nella sua pure lunga storia, e non ha intenzione di allentare la produzione. Anche perché la sola Unione europea ha già siglato un contratto per 900 milioni di dosi per il 2022, opzionandone anche ulteriori 900 milioni. Ha contratti importanti con Israele, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti per l'anno prossimo e con il Canada anche per il 2023 con una opzione per le forniture sul 2024. E ha in produzione un miliardo di dosi per i paesi a medio e basso reddito per l'anno prossimo. Il vaccino resterà, e nei piani della casa farmaceutica sarà ancora al centro del business grazie alle scelte che nel 2021 i vari paesi faranno sulla terza dose e con la certezza che verranno fatti richiami annuali da tutti almeno in Occidente in contemporanea con quelli che si fanno con l'influenza.

 

 

Ma gli esperti di Pfizer stanno lavorando nella certezza che la pandemia non si spegnerà e con il Covid 19 bisognerà ancora vivere a lungo. Il mercato è fatto anche di importanti parti della popolazione occidentale che faranno resistenza alla iniezione nonostante le misure restrittive che si stanno adottando (non in tutti i paesi), e quindi la pillola anti-Covid potrebbe dare fatturato e guadagni comunque interessanti (è lo scopo di Pfizer, nessuno scandalo per questo). Anche agli occhi del management americano avrebbe un piccolo vantaggio economico rispetto al vaccino: in questo caso se arriveranno le autorizzazioni il prezzo potrebbe essere interessante per chi lo incassa e non ci sarebbe la necessità di dividere con altri. Come si sa il vaccino è nato grazie a una joint venture con la tedesca BioNTech, che è stata fondamentale nella messa a punto della tecnologia a RMNA, e quando si è soci gli incassi vanno divisi per bene. La pillola è invece un prodotto esclusivo Pfizer, e tutto il margine economico resterebbe nelle casse della compagnia senza mettere per altro a rischio l'alleanza con i tedeschi: lì i soci stanno mettendo a punto altri vaccini RMNA sull'influenza e su altre malattie virali comuni, sfidando i protagonisti del settore.

 

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