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Vaccino, era meglio scegliere Moderna. La protezione di Pfizer in 120 giorni scende dal 91 al 77 per cento

Dario Martini
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In Italia fino ad oggi sono state iniettate 82 milioni di dosi di vaccino anti-Covid. Il siero prodotto dall’americana Pfizer, in collaborazione con la tedesca Biontech, la fa da padrone, con più di 52 milioni di somministrazioni.

Molte meno di quelle targate Moderna, pari a 10 milioni. Da tempo l’Unione europea ha deciso di puntare tutto su Pfizer. Eppure, uno studio appena pubblicato dai "Centers for disease control and prevention", l’organismo di controllo sulla sanità pubblica statunitense, rivela che la capacità di Moderna di prevenire i ricoveri è nettamente superiore a quella di Pfizer.

 

La ricerca condotta dagli scienziati americani intende stabilire l’«efficacia comparata» di Moderna, Pfizer-Biontech e Johnson & Johnson nella prevenzione dei ricoveri per Covid. Il vaccino AstraZeneca non è preso in considerazione, dal momento che negli Stati Uniti non viene utilizzato. Il periodo di analisi va da marzo ad agosto. Lo studio è stato condotto su un campione di 3.689 persone con più di 18 anni ricoverate in 21 ospedali negli Usa. Sono stati esclusi coloro che presentavano «condizioni di immunocompromissione».

 

Ecco cosa scrivono gli esperti: l’efficacia media del vaccino contro i ricoveri per Covid-19 nell’intero periodo preso in considerazione «è risultata più alta per Moderna (93%) rispetto a Pfizer-BioNTech (88%)». In entrambi i casi molto superiore al 71% di J&J che, come noto, è stato messo in commercio con un’unica dose. Ma non finisce qui. «La protezione per il vaccino Pfizer-Biontech è diminuita dopo quattro mesi dalla vaccinazione. I livelli di IgG anti-spike post-vaccinazione e IgG anti-RBD (due tipi di anticorpi che neutralizzano il virus, ndr) erano significativamente inferiori nelle persone vaccinate con il vaccino Janssen (il siero prodotto da J&J, ndr) rispetto ai vaccini Moderna o Pfizer-Biontech». Gli scienziati, però, non intendono bocciare nessuno dei tre virus. Scrivono che «sebbene questi dati del mondo reale suggeriscano alcune variazioni nei livelli di protezione del vaccino, tutti quelli approvati o autorizzati dalla Fda (l’agenzia del farmaco Usa, ndr) forniscono una protezione sostanziale contro il ricovero per Covid».

 

Ciò che sorprende, però, è proprio il raffronto tra Moderna e Pfizer col passare del tempo. L’efficacia iniziale di Moderna si mantiene praticamente sempre uguale. Infatti, nei primi quattro mesi è pari al 93%. Dopo, scende di un solo punto percentuale, fissandosi al 92%. Nel caso di Pfizer, invece, nei primi 120 giorni si attesta al 91%, poi crolla al 77%. Nel caso di Johnson & Johnson, invece, scende dal 71 al 68% già dopo quattro settimane.

Gli scienziati americani provano ad ipotizzare a cosa sia dovuta questa diversa efficacia: «Le differenze tra Moderna e Pfizer-Biontech potrebbero essere dovute a un maggiore contenuto di mRNA nel vaccino Moderna, a differenze nei tempi di somministrazione tra le dosi (3 settimane per Pfizer-Biontech contro 4 settimane per Moderna), o a possibili differenze tra i gruppi che hanno ricevuto ciascun vaccino che non sono stati presi in considerazione nell’analisi». Al momento, quindi, non sappiamo il motivo di un divario così marcato. Andrà approfondito. Ma i risultati di questo studio devono fare riflettere. Soprattutto in Europa. E, quindi, anche in Italia.

Dove la maggioranza della popolazione è stata vaccinata con Pfizer. E lo sarà anche in futuro. Se avessimo importato più vaccini Moderna, e meno Pfizer, probabilmente oggi non dovremmo già partire con le terze dosi. E il governo non dovrebbe rimangiarsi ciò che diceva pochi mesi fa. Ovvero, che l’immunità di gregge sarebbe stata raggiunta con il 70% di vaccinati con ciclo completo. Oggi abbiamo superato il 75%. Eppure, Speranza e Draghi si sono accorti che non basta. Infatti, con l’estensione del green pass sui luoghi di lavoro, puntano all’80%, se addirittura al 90.

 

Gli errori, però, non sono solo italiani. Sul sito dell’Ema, l’agenzia europea per i medicinali, possiamo ancora leggere in bella vista che «l’immunità di gregge, che consente di controllare una pandemia ed eventualmente di debellare la malattia, richiede che circa il 70% della popolazione sia protetto dalla vaccinazione o da una precedente infezione». Qualcuno, forse, all’Ema dovrebbe prendersi cura di aggiornare il sito.

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