Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Non è l'arena, Massimo Giletti: non ho ancora iniziato e già mi arrivano le querele di Domenico Arcuri

  • a
  • a
  • a

Non ha ancora iniziato la nuova stagione del suo programma, Non è l'Arena in onda su La7 a partire da mercoledì 29 settembre, ma già è alle prese con le querele, Massimo Giletti. E molte portano la firma dell'ex commissario all'emergenza Covid, DOmenico Arcuri, che Giletti ha spesso messo sotto i riflettori per le sue imprese su mascherine, vaccini e scandali vari.

 

"Non ho ancora iniziato, ma sono già alle prese con le querele" spiega il manager di Invitalia al Corriere della Sera. "Il recordman è Arcuri, è arrivato a quota cinque (...). Il potere non accetta di essere sottoposto a inchieste: la prima reazione è incutere timore e dunque querelare. È il tipico comportamento di chi comanda: vuole indebolirti psicologicamente".

"Se ti arrivano querele vuol dire che hai fatto un buon lavoro", di e ancora il conduttore che ammette: "Certo non è semplice mentalmente, devi avere il sostegno di un editore che crede in quello che fai". In una cinquantina di processi in carriera, "solo in un caso, nonostante fossi stato assolto in primo grado e in appello, la Cassazione annullò le sentenze e rinviò al civile. Penso che i numeri mi diano ragione", è il bilancio del conduttore. 

 

Sul cambio di giorno di programmazione, dalla domenica al mercoledì, Giletti spiega che "dopo 4 anni ho bisogno di sfide nuove. Non è semplice cambiare giorno, abitudine degli spettatori, però voglio stare al centro della settimana per essere al centro di quello che succede". Cosa risponde a chi la accusa di essere populista? "Fare un'inchiesta sulla mancata attuazione del piano pandemico è essere populista? Fare inchieste sulla mafia e sulla criminalità è populismo? Io non sto nei palazzi ma basta con questa etichetta. Io sto con la gente, non con le piazze. Lo dico spesso ai miei: ricordate che il popolo tra Barabba e Gesù Cristo ha scelto Barabba. Dunque attenti alle piazze".

 

Giletti respinge le accuse di voyeurismo sul caso Genovese e annuncia che, pur non dando credito ai no vax, una certa liturgia televisiva va rotta "anche ospitando opinioni differenti. Devi ascoltare, ma avere allo stesso tempo la forza e la capacità di contrastare con i fatti. Io non ho mai amato il pensiero unico e i regimi televisivi".

Alla fine, si toglie qualche sassolino sulle minacce ricevute e la scorta che gli stata assegnata per garantirne la sicurezza: "Da alcuni colleghi mi sarei aspettato maggiore solidarietà. Ma non è quello il punto. Non è un sms, a volte retorico, che fa la differenza. Io sono rimasto solo nella battaglia contro le scarcerazioni dei mafiosi avvenuta sotto Bonafede. E questa solitudine ha fatto sì che diventassi un obbiettivo".

Dai blog