l'editoriale

Sallusti a valanga sul silenzio dei giornali su Amara e la Loggia Ungheria: gigantesca autocensura

L'avvocato Piero Amara è stato inondato di querele e richieste di risarcimento danni costringerà per le rivelazioni sulla loggia "Ungheria", l'associazione segreta paramassonica composta da magistrati, alti ufficiali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, imprenditori ed avvocati. Quasi tutti i nomi citati da Amara hanno smentito di far parte di Ungheria: dall'ex vice presidente del Csm Giovanni Legnini, all'onorevole Luca Lotti, dall'ex ministro della Giustizia, avvocato Paola Severino a Nitto Palma, ai capi della Cassazione Pasquale Ciccolo e Giovanni Canzio, all'ex presidente aggiunto del Consiglio di Stato Santoro, ai magistrati Rosanna De Nictolis, Ermanno de Francisco e Hadrian Simonetti. Da Carlo De Benedetti, ai comandanti dell'Arma e delle Fiamme gialle, i generali Tullio Del Sette e Giuseppe Zafarana.

 

 

Sul caso Alessandro Sallusti, direttore di Libero, ha scritto un editoriale, che si scaglia contro il silenzio della stampa: “Chissà perché quando atti giudiziari sensibili riguardano gli amici e gli amici degli amici scatta una gigantesca operazione di autocensura. Ieri né il Corriere della Sera, né La Repubblica né La Stampa hanno pubblicato una sola riga sui verbali in cui il faccendiere Amara delinea l'esistenza di una loggia segreta, la Loggia Ungheria, e fa i nomi di magistrati, politici e importanti uomini dello Stato che ne farebbero parte. Premesso che nulla è accertato, per cui potrebbe trattarsi di una millanteria in tutto o in parte, la notizia c'è eccome visto che proprio su quelle carte imboscate per due anni sono stati indagati a vario titolo il capo della procura di Milano Francesco Greco e magistrati di calibro tra i quali Piercamillo Davigo. Strano davvero questo silenzio, per di più da parte di testate che non hanno mai lesinato a fare paginate di documenti giudiziari ben prima che la veridicità del loro contenuto venisse vagliata e confermata dalle autorità giudiziarie”. 

 

 

“Con i nemici politici dell'informazione si può - accusa il direttore nell’articolo in prima pagina - fare carne di porco, con gli amici potenti, soprattutto se magistrati, le notizie sono tali solo se confermate in terzo grado di giudizio. A me questa storia della Loggia Ungheria puzza assai, ma meglio andare a vederci chiaro che girarsi dall'altra parte. A maggior ragione se chi svicola sono quei giornali che negli ultimi anni sono stati megafoni acritici, e quindi complici, delle peggio schifezze commesse da quel sistema deviato magistrati-giornalisti che in nome della giustizia ha dirottato più e più volte il corso della democrazia. Se certi giornali tacciono è solo perché qualche cosa di vero in questa brutta storia c'è e si sta tentando di non farlo emergere”.