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Riforma delle pensioni, ecco cosa c'è dopo Quota 100

Filippo Caleri
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In 340 mila ce l’hanno fatta a lasciare il lavoro con 38 anni di contributi e 62 di età. Ma ora «Quota 100» non sarà rinnovata. La Ue non la vuole. E siccome i fondi del Pnrr sono tanti ma condizionati al rispetto di alcune condizioni tra le quali proprio la riforma della previdenza e la cancellazione della Quota 100, non c’è verso di immaginare la sua prosecuzione. Il cantiere della riforma è aperto

Lo scalone di inizio 2022
Senza una misura ad hoc il rischio è il ritorno alla Fornero cioè l’uscita a 67 anni di età anagrafica. Con il risultato che, dal prossimo primo gennaio, per uscire dal lavoro un occupato dovrebbe aspettare almeno altri 5 anni rispetto al collega uscito un giorno prima. Si tratta del cosiddetto «effetto scalone» che il governo vuole evitare anche sotto la pressione di sindacati e partiti. 

 

Quota 41 anni
Le ipotesi sul tavolo sono molte e la loro applicazione è legata solo al costo necessario a finanziarle. I sindacati spingono per la Quota 41, e cioè il conseguimento del diritto all’assegno con 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età. È la Lega di Salvini a spingere da tempo per questa soluzione. In realtà la Quota 41 è già operativa ma è riservata a una fascia precisa di lavoratori che devono avere almeno 12 mesi di contributi versati, derivanti da effettivo lavoro (non valgono volontari e riscatti), anche non continuativi, prima del compimento dei 19 anni di età. A questo vanno aggiunti i 41 anni di contributi e il rientrare in una delle 5 categorie tutelate, (disoccupati, invalidi, caregiver che danno assistenza a familiari disabili, lavori usuranti, lavori gravosi). Se per la Lega l’estensione dovrebbe valere per tutti i lavoratori i sindacati puntano alla pensione anticipata con Quota 41 almeno per i «lavoratori fragili». Che sono identificati nei malati immunodepressi, riceventi o in attesa di trapianto, diabetici, cardiopatici pazienti in dialisi. Nonché i soggetti che non possono prestare attività lavorativa perché giudicati inidonei al lavoro e coloro che sono impegnati in settori con un più alto rischio di contagio come la sanità e i trasporti.

 

La proposta Inps
Il presidente Pasquale Tridico punta alla divisione della pensione in due parti da calcolare con metodi diversi. Una parte contributiva, legata esclusivamente al montante accumulato durante la carriera lavorativa, che si può anticipare con calcoli ad hoc. E una parte retributiva, legata invece alle retribuzioni dei primi anni di attività, che si otterrebbe solo a 67 anni. L’anticipo pensionistico per la parte contributiva si potrebbe dare a 62-63 anni mentre il resto (la quota retributiva) la si otterrebbe a 67 anni. 

Ape sociale più larga
A prendere sempre più corpo è l’ipotesi dell’Ape sociale allargata. Nella sua formula originale prevede l’anticipo pensionistico previsto per le persone di 63 anni, che rientrano nelle categorie socialmente deboli e che siano in possesso di almeno 30 anni di anzianità contributiva. L’obiettivo è quello di estendere il più possibile la platea con una nuova lista di lavori gravosi che consentirebbero di accedere alla misura. Tre sono parametri con i quali individuare nuove mansioni faticose o pericolose: frequenza, gravosità degli infortuni e delle malattie professionali. Non solo, L'Ape social potrebbe essere estesa anche a disoccupati di lunga durata o a chi non ha diritto alla Naspi (l’indennità di disoccupazione). Peraltro, per l’Ape social riferita ai lavoratori gravosi, i sindacati vorrebbero la riduzione da 36 a 30 anni di contributi in modo da far rientrare molte categorie di lavoratori oggi esclusi, come gli addetti all’edilizia, gli agricoli ed i marittimi.

 

Opzione Donna e contratti di espansione
Insieme all’Ape social si punta a rendere maggiormente strutturale e attrattiva la cosiddetta Opzione Donna, la possibilità di uscita anticipata con l’assegno interamente contributivo per le lavoratrici con 35 anni di contributi e 58 d’età (59 se autonome). Si studia inoltre la possibilità di rendere operativi anche per le imprese più piccole i contratti d’espansione, che, nell’ambito dei processi di riorganizzazione aziendale, consentono di ricorrere al prepensionamento dei lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dal raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata, anche tramite l’accesso alla Cig straordinaria per chi non può usufruire dello «scivolo» di cinque anni.

Isopensione
Resta sempre attiva la strada dell’isopensione. Uno strumento utilizzato in caso di eccedenza del personale, per gestire gli esuberi e facilitare il pensionamento dei lavoratori prossimi alla pensione. È accessibile alle imprese che occupano mediamente più di 15 dipendenti e che abbiano stipulato apposito un accordo con le organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative a livello aziendale. Se si firma l’intesa l'azienda si impegna al versamento a favore del lavoratore, per tutta la durata dell’esodo fino a un periodo massimo originariamente fissato in 4 anni (poi portato a sette) di un assegno d'importo corrispondente a quello del trattamento di pensione maturato in base alle regole vigenti, sia essa di vecchiaia o anticipata, sino a che non si siano perfezionati definitivamente i requisiti per il pensionamento.
 

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