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Democrazia a metà. Sempre meno spazi per il confronto

Gianluigi Paragone
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Non molti anni fa Renzi subì la più profonda sconfitta con il referendum sulla sua riforma costituzionale, quella che di fatto sanciva la fine del bicameralismo perfetto. Sotto le insegne di uno slogan - Io Dico No - la maggioranza degli italiani si oppose alla manomissione della Costituzione difendendo l’architettura di una repubblica parlamentare dove il bicameralismo resta la regola. Eppure mai come in questi ultimi anni, il bicameralismo perfetto è aggredito da coloro che spinsero più di tutti il fronte del No alla riforma Renzi; tanto che siamo ormai in uno schema nuovo, il monocameralismo imperfetto. In pratica funziona così: una camera lavora un testo che, ultimato, passa all’altro ramo il quale lo liquida con una pigiata collettiva di bottoni sotto il diktat del voto di fiducia. E viceversa. Ieri, alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, il Senato si è visto bruciare i tempi di discussione sul green pass con la solita sbrigativa formuletta con cui il ministro dei rapporti con il parlamento (espressione beffarda) comunica la decisione del governo di porre la questione di fiducia. Così, niente lavoro su possibili emendamenti, niente confronto, niente dibattito. E poi chiedono il rispetto delle regole.

 

 

Questa è la linea dei democratici, di coloro cioé che fanno la morale a quella parte di Paese che si oppone alle scelte dell’esecutivo. Questa è la linea di coloro che condannano e che vorrebbero lo stop delle marce dei dissidenti: sono loro a rompere lo spirito democratico e repubblicano. Francamente, registrando ormai una nuova prassi, non mi pongo nemmeno più il tema su cosa pensi il presidente della Repubblica: a malincuore debbo ammettere che al garante della Costituzione questa distorsione delle regole repubblicane vada bene. Ed è grave a maggior ragione perché la distribuzione dei poteri è baluardo democratico allorquando vi è più fame di concentrazione del potere, insomma è adesso che il governo non può pensare di fare quel che vuole, è adesso che la Repubblica deve dimostrare di saper resistere alle tentazioni dell’uomo solo al comando.

 

 

Noi stiamo procedendo con eccessiva leggerezza verso una trasformazione degli equilibri senza il permesso del popolo: se lo stanno prendendo con arroganza. Il sale delle critiche sul Green Pass non è solo nella falsa libertà di scelta tra il vaccino (gratuito) e i tamponi (a pagamento e con scadenza ridicola e antiscientifica assieme), quanto nel concetto stesso di un lasciapassare per essere cittadini. Sta nell’assegnazione di libertà e di diritti di per sé già riconosciuti o trattati (come nel caso di contratti di lavoro) al possesso di un ulteriore pass. Un pass che non c’entra nulla con l’emergenza sanitaria. È l’intelaiatura costituzionale ad essere minata dal governo dell’emergenza e da governi d’emergenza. Ripeto la domanda: presidente Mattarella, davvero lei sta garantendo il rispetto della Costituzione?

 

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