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Terza dose e mascherine in ufficio, "solo così ci salviamo". Parla l'immunologo Abrignani (Cts)

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Nei posti di lavoro bisognerà mantenere le distanze, la mascherina e tutte le precauzioni anche se il lavoratore è vaccinato. A specificarlo, ancora una volta, è l'immunologo dell'Università di Milano membro del Comitato Scientifico Sergio Abrignani che in un'intervista al Messaggero ribadisce che la terza dose sarà inevitabile così come le mascherine in ufficio anche nel 2022. La pandemia non è finita, anzi con l'autunno alle porte torna a minacciare la popolazione nonostante la campagna di vaccinazione. "Dopo fragile, over 80 e operatori sanitari - annuncia Abrignani - il richiamo sarà inoculato a tutti per aumentare la protezione". Con una chiara specificazione: chi ha utilizzato Johnson&Johnson deve aspettare i nuovi dati prime di rinforzare l'immunità con la terza dose. Al di là del tipo di vaccino "scelto" resta un unico dato certo per ora: toccare quota 95% dei vaccinabili e poi iniettare a tutti una terza dose sono le condizioni necessarie per raggiungere la più efficace protezione contro il coronavirus.

L’esperto di vaccini invita a non preoccuparsi in maniere eccessiva della progressiva riduzione della protezione: “Se lei guarda i dati di Israele dopo due dosi c'è un abbassamento dell'efficacia, dall'85-90%, al 65-70, sull'infezione. Ma sono sempre ottimi livelli, se ce lo avessero detto la scorsa estate, avremmo firmato. E sarà possibile fare una correzione con la terza dose. Israele sta pubblicando i dati che dimostrano che grazie a questo, si ritorna ai livelli di efficacia massimi”.

Abrignani ha specificato che si inizierà dai fragili, mentre “per tutte le altre persone, la risposta c'è, con il tempo si affievolisce, con il richiamo la fai tornare alta. Poi anche noi daremo la terza dose agli operatori sanitari, agli ottantenni, per proseguire, io credo, ai settantenni, ai sessantenni, a scendere. (…). Tenga conto che la terza dose, che sembra una cosa esoterica, in realtà in vaccinologia è la regola, se esclude i vaccini a base di virus vivi attenuati”. Sui diversi vaccini, l’immunologo ha precisato: “Ciò che sappiamo ad oggi è che con Pfizer e Moderna dopo sei mesi c'è un decadimento di circa un terzo dell'efficacia, che rimane comunque ben al di sopra al 50%. E soprattutto, me lo faccia sottolineare, è un decadimento rispetto all'infezione, ma è molto meno rilevante per quanto riguarda l'efficacia nel prevenire la malattia severa. (…). A chi dice che non dovevamo vaccinare, vorrei chiedere: qual era l'alternativa? Lasciare morire le persone? Se oggi tutti fossero vaccinati non avremmo 50-60 morti al giorno, ma 5”.

Abrignani auspica che la mutazione Delta del Covid-19 resti dominante: “Circola velocemente, però è abbastanza riconosciuta dal vaccino. C’è chi dice che vaccinando si favoriscono le varianti? Una min***ta. (…). Sfido chiunque a dirmi, nell'esperienza passata, un virus che causi una infezione acuta per il quale la vaccinazione abbia fatto generare le varianti. Si confonde una risposta immunitaria che insorge dopo una infezione con una risposta immunitaria che c'è prima dell'infezione”. Il green pass nei luoghi di lavoro non servirà per togliere la mascherina o non rispettare la distanza di sicurezza: “Ritengo di no, almeno fino a quando non avremo almeno il 90 per cento degli italiani vaccinati bisogna usare la mascherina – ha concluso lo scienziato - .Anche tra i vaccinati un terzo può essere infettato e a questi si aggiungono coloro che ottengono il Green pass con il test antigenico. Giusto essere prudenti”.

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