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Il vaccino è la migliore spinta per la ripresa economica dell'Italia

Andrea Amata
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La ripresa economica, che i recenti indicatori attestano, è inscindibile dalla sicurezza sanitaria. Questa è una verità inconfutabile da cui nessuna forza politica dovrebbe dissentire, a meno che non ci si voglia autoescludere dalla realtà per candidarsi a rappresentare una specie di dimensione allucinogena. L’impegno del premier Draghi sul fronte dei vaccini e del passaporto vaccinale è orientato a scongiurare la recrudescenza epidemica che impatterebbe in una duplice direzione avversa: maggiore pressione ospedaliera e impedimenti alle relazioni socio-economiche. La maggioranza parlamentare che sostiene l’ex banchiere centrale nonostante l’eterogeneità della sua composizione, ai limiti della dissonanza babelica, dovrebbe avvertire la responsabilità di mantenersi coesa sulla necessità di raggiungere l’incolumità collettiva rispetto alle varianti più aggressive del virus. La scienza medica è unanime sul punto che la vaccinazione protegge dagli effetti letali del Covid. Pertanto, la politica dovrebbe affidarsi alle autorità cognitive, titolate a pronunciarsi sulla materia scientifica, per organizzare il conseguimento dell’immunità di gregge che ad oggi è l’unico procedimento in grado di sterilizzare la recidiva epidemica.

 

 

Draghi pare disponibile ad una graduale introduzione dell’obbligo vaccinale per spegnere quei focolai di sconsideratezza dei No-Vax che rischiano di vanificare lo sforzo collettivo nella costruzione della diga anti-Covid. È sufficiente una piccola faglia per indebolire la struttura protettiva e per far implodere la barriera sanitaria faticosamente fin qui innalzata a difesa della comunità. Abbiamo il 60% della popolazione vaccinata, ma ancora 4 milioni di over 50 sono scoperti financo della prima dose e migliaia di operatori sanitari sono senza copertura vaccinale. Dunque, conviviamo con «interstizi» sociali in cui il virus può inserirsi, attecchire e propagare le sue varianti, replicando quella vulnerabilità sistemica che potrebbe tradursi in sovraccarico ospedaliero e riflettersi negativamente sui consumi delle famiglie con conseguenze a cascata su tutti gli indicatori economici. L’antidoto a tale scenario ha un nome perentorio: vaccino.

 

 

L’obbligo vaccinale non è configurabile come un arbitrio essendo vigente come profilassi per altre patologie e potendo disporre di una «legalizzazione» costituzionale con l’articolo 32, che consacra la salute come diritto fondamentale della persona e interesse della comunità, e l’articolo 2 in cui i diritti dei singoli si compenetrano con i «doveri inderogabili di solidarietà». La premessa essenziale per rendere accettabile il vincolo della somministrazione è costituita dalla plausibilità scientifica che deve rivestire il siero, affinché nessun alibi di incertezza possa prosperare e fare proseliti nel campo del pregiudizio antiscientifico. Su questo il governo Draghi può incidere per dare una sterzata all’impianto normativo nel contrasto all’ignoranza delirante e alla corrente agnostica del virus, neutralizzando eventuali contraccolpi sanitari e preservando le tendenze di crescita dell'economia.

 

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