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Paragone non ci sta: chi ha dubbi sul Covid azzittito con l'accusa di essere fascista

Gianluigi Paragone
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Ancora una volta migliaia e migliaia di persone nella giornata di sabato hanno animato vie e piazze d’Italia contro il Green Pass nel pressoché totale disinteresse di televisioni e giornaloni mainstream. Forse delusi per il fatto di non poter inzuppare il biscotto nella brodaglia retorica di manifestanti violenti, cattivi, aggressivi, fascisti e fesserie del genere. Le manifestazioni continueranno, anzi aumenteranno (noi abbiamo da poco cominciato un presidio settimanale davanti ai palazzi di giustizia per chiedere il ripristino dello stato di diritto), sulla spinta di una battaglia che vede nella lesione dei diritti e nella (vergognosa) comunicazione a senso unico l’addensante. Oltre una settimana fa ho deciso di aprire un gruppo Fb dal titolo «Danni Collaterali». L’ho fatto perché da vecchio cronista mi infastidisce il solo racconto delle morti dei cosiddetti no vax pentiti: un modo furbetto per terrorizzare chi ancora non si è vaccinato. Mi sono domandato: possibile che si raccontino solo i morti no vax? Davvero nelle redazioni non hanno mai ascoltato storie di morti post vaccino o di danneggiati da vaccino? Non è che il giornalismo si è avvitato ancor più nella propaganda di Palazzo?

 

 

Così ho aperto un gruppo dove la sola regola è raccontare ciò che si è vissuto in prima persona o come familiare di un parente con effetti collaterali. Nessun giudizio sui vaccini, ma solo un «diario di bordo». Cronaca. Bene, l’altro giorno Facebook (sovrapponendosi a un ruolo che è proprio dell’editore; e Fb non lo è) ha bloccato un post dove si riportava un link ufficiale dell’Aifa che ammettevano le morti da vaccino Covid. Bloccato perché pericoloso. A chi? Possibile che non si possa più fare domande senza per questo apparire etichettati come fascisti? Massimo Cacciari ha recentemente confermato il suo pensiero. Perché Cacciari inizia a scomparire dalle trasmissioni? La Gruber avrà paura dell’indipendenza intellettuale del filosofo? E che dire del popolarissimo professore Alessandro Barbero, che ha da poco firmato l’appello dei docenti universitari contro il Green Pass in quanto discriminatorio? Perché nessun giornale avverte il bisogno di fare luce su una ribellione a ciò che stanno facendo passare come «non c’è alternativa» e «meno male che c’è Draghi»?

 

 

Il draghismo sta comprimendo spazi di democrazia, sotto gli occhi di un Presidente della Repubblica da tempo «in bianco»: il vaccinismo di Stato è lo spazio antecedente all'obbligo vaccinale, che questa tanto larga tanto meschina maggioranza è pronta a interpretare come eccezione su intere categorie professionali. Ma se la somma delle platee professionali coinvolte sarà numerosa, l'eccezione diventa regola. Cui si somma un Green Pass asimmetrico e ingiusto. A tal proposito arrivo alla farsa del tampone salivare. Non c'è nessun tampone salivare come lo intende la maggior parte delle persone. È un tampone che per quanto raccolga la saliva diventa molecolare perché il supporto va portato in laboratorio, lavorato e «licenziato» dopo circa 24 ore. A un costo di almeno 50/60 euro. Altro che tampone rapido, a basso prezzo e funzionale al Green Pass. Propaganda pura. Perché non sbloccano i salivari rapidi? Di cosa hanno paura? Che la gente poi chieda questi e così nei magazzini delle farmacie restino i dolorosi tamponi orofaringei? O che il tampone diventi davvero una più tollerabile e praticabile libertà di scelta?

 

 

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