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L'effetto del vaccino sui giovani, ecco i dati Covid. "Tentativo disperato", ipotesi inquietante sulla campagna

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Da più parti si spinge per una vaccinazione anti-Covid di massa per i giovani e i giovanissimi con le case farmaceutiche che stanno sperimentando i sieri per i bambini. Eppure molti esperti puntano il dito sulla criticità più evidente, quella degli over 50 che sfuggono alla siringa, resa più rilevante dalla variante Delta che ha reso inutili i calcoli su una immunità di gregge per la maggiore contagiosità rispetto al ceppo originario del virus. 

 

Ma serve vaccinare i più giovani? Il quotidiano la Verità ha realizzato una elaborazione sui dati del l'Istituto superiore di sanità "estratti dalla dashboard realizzata dall'Istituto nazionale di fisica nucleare", anche per dare una risposta a questo interrogativo. I dati vanno dal 1° settembre 2020 ai primi di agosto di quest' anno. Il dato che salta agli occhi è che non esiste alcuna emergenza pediatrica o tra i ragazzi, si legge sul quotidiano che fa il caso degli under 19: durante la pandemia non hanno mai raggiunto quota due ingressi giornalieri medi in terapia intensiva e rare volte hanno superato la soglia dei dieci ingressi giornalieri medi in ospedale.

 

Stesso discorso per la fascia 0-9 anni e per quella 10-19 anni: la curva delle terapie intensive risulta quasi totalmente indipendente dall'andamento dei casi. Ma allora perché il pressing per l'immunizzazione dei più giovani? "Forse si punta a «fare cassa» a spese di categorie più influenzabili nel disperato tentativo di raggiungere le percentuali di immunizzazione sperate", si legge nell'articolo di Antonio Grizzuti dal titolo eloquente: "Il vaccino funziona, ma ai giovani serve poco".

 

La patologia del Covid "nei soggetti fragili e affetti da altre patologie può risultare assai grave. Ma visti da una prospettiva neutra questi numeri smentiscono la narrazione dei reparti pieni di giovani. Più si va avanti con l'età, più aumenta la correlazione tra nuovi positivi e nuovi ingressi in ospedale, sia in reparto ordinario sia terapia intensiva".

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