decollo difficile
ITA sciopera prima di nascere. Come decolla la nuova Alitalia
Da oggi la nuova compagnia aerea italiana, ITA, può iniziare a vendere biglietti per i voli che inizieranno il prossimo 15 ottobre, giorno ufficiale del suo debutto. Nasce sulle ceneri di Alitalia, il simbolo degli errori e dei fallimenti economici dello Stato italiano. E prima ancora di nascere può presentare il peggiore biglietto da visita possibile al resto del mondo. ITA infatti nasce già scioperata. Perché partirà il 15 ottobre ma il 24 settembre prossimo i suoi dipendenti già sciopereranno trascinando tutti quelli del comparto aereo. E a dire il vero mentre ITA era ancora nella placenta già ha scioperato un pochino, perché il 5 agosto scorso si erano astenuti dal lavoro gli addetti alla assistenza clienti Alitalia proprio contro ITA, che essendo una nuova società (sia pure pubblica) aveva deciso di fare una gara per offrire quel servizio invece di caricarsi sulle spalle i 600 dipendenti di Almaviva che dalla Sicilia svolgevano quel servizio. Probabilmente è un record mondiale- e non poteva che essere italiano- quello di una società che ha già scioperato due volte prima ancora di emettere il suo primo vagito e nascere.
E' il peggiore segnale di continuità con la peggiore storia di Alitalia, e non è manco l'unico. Perché formalmente ITA è stata costituita l'11 novembre 2020 a Roma, e ha già perso un milione di euro nel suo primo bilancio relativo a un mese e mezzo di esercizio pur avendo in carico solo 32 dipendenti. In sei mesi ha già cambiato due top manager, visto che il primo presidente- Francesco Caio- già non è più tale, sostituito da Alfredo Altavilla. Due scioperi, un milione di perdita e due presidenti durante la gravidanza: mica male come premessa per rilanciare un compagnia di bandiera.
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Eppure i sindacati sanno benissimo che ITA è una soluzione estrema trovata per non seppellire definitivamente il tricolore sulla fiancata di qualche aereo, perché Alitalia era tecnicamente fallita da tempo e non più resuscitabile. Non ci fosse stato il Covid e la grande depressione economica che ne è seguita probabilmente la storia del trasporto aereo in Italia si sarebbe chiusa definitivamente l'anno scorso. Invece la Ue ha allentato qualche maglia rigida delle regole sulla concorrenza e chiuso un occhio e forse più, lasciando tentare la nascita di ITA sotto il controllo e i soldi del Tesoro a patto che non esistesse alcuna continuità formale con la decotta Alitalia, né con la vecchia amministrazione né con la compagnia ora da liquidare (Alitalia Cityliner). Il piano industriale della nuova compagnia era noto a tutti da tempo. ITA partirà con 2.800 dipendenti, di cui 1.550 a bordo e 1.250 a terra, se poi le cose andranno bene il piano industriale prevede che salgano fino a 5.750 nel 2025, e cioè al suo quarto anno di esercizio.
Quindi non potrà assorbire i dipendenti della vecchia Alitalia, che sono il doppio della cifra massima immaginata. Nè assorbire l'indotto, e la sola possibilità lasciata dagli accordi è quella di partecipare a una gara per acquisire il vecchio marchio (e potrebbe perderla) e alle gare per aggiudicarsi le due aree di manutenzione (il cosiddetto handling) a patto che resti azionista di minoranza. Giustamente i nuovi manager cercano anche personale nuovo con selezione di mercato e richiesta che sia in possesso di green pass vaccinale che ovviamente garantirebbe i passeggeri e il pubblico in generale visto che il tipo di lavoro è a contratto stretto. Partendo da zero i manager vorrebbero trattare anche i contratti di lavoro, senza essere ingabbiati in quelli che hanno portato non solo al fallimento di Alitalia nelle sue varie edizioni, ma pure il fallimento di ogni altra compagnia che abbia operato sul territorio.
Questo non va giù ai sindacati del settore (che appunto hanno proclamato lo sciopero preventivo) che evidentemente preferiscono il loro potere interdittivo alla possibilità di mantenere qualche posto di lavoro nel tempo. Alle loro condizioni la storia ha dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che non si vola e non si sta in piedi nemmeno a terra. Avrei immaginato che le organizzazioni sindacali avessero a cuore altro di più impellente, come dare un futuro e una tranquillità alle migliaia di dipendenti della vecchia Alitalia che resteranno inevitabilmente per strada. Non cercare come sta avvenendo di evitare di salvarne almeno centinaia, e chiudere la partita per tutti. Cercare una riconversione lavorativa e magari percorsi preferenziali di formazione e reinserimento nel mercato del lavoro per una parte di loro e una protezione sociale duratura che accompagni alla pensione chi è nelle condizioni di poterci arrivare. Ma non è questo che interessa più ai sindacati: difendono se stessi e il proprio ruolo, non i lavoratori. E con gli scioperi in placenta danno una mano a impedire che anche i 2.800 dipendenti della nuova ITA possano avere un lavoro e un futuro. Complimenti.