Il suicidio di De Donno per il "fallimento professionale". La teoria di Sorgi a In Onda fa indignare i social
Dopo la polemica per l'ipotesi del governo dei militari pronto in caso di dimissioni del premier Mario Draghi, poi ridotta a "paradosso", l'editorialista de La Stampa Marcello Sorgi torna sotto i riflettori per un'uscita, secondo molti infelice, sul professore Giuseppe De Donno. Giovedì 29 luglio a In onda, il programma di la7 condotto da Concita De Gregorio e David Parenzo, si parla del suicidio del medico mantovano di cui si era molto parlato per la terapia con il sangue iperimmune per guarire i pazienti Covid.
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Una ricerca che ha diviso l'opinione pubblica e gli osservatori tra sostenitori e detrattori, provocando aspre polemiche anche per il mancato riconoscimento della autorità sanitarie dell'efficacia della plasmaterapia.
"Quando c'è una malattia grave come il Covid nascono sempre delle illusioni", è il pensiero di Sorgi secondo cui per combattere il coronavirus "stiamo andando avanti scoprendo un rimedio giorno dopo giorno". La vicenda di De Donno per il giornalista ricorda la cura Di Bella, al centro delle cronache alla fine degli anni Novanta, "quando i malati terminali vennero trascinati sotto Palazzo Chigi perché il governo non dava l'autorizzazione" alle terapie contro il cancro del professor Luigi Di Bella. Anche allora "per lo stesso motivo, perché si diceva che venivano difesi gli interessi delle grandi case farmaceutiche. Poi consigliato da Veronesi Di Bella decise di far fare la prova" e la comunità scientifica respinse il suo metodo.
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Ma col suicidio di De Donno, avvenuto martedì 27 luglio, cosa c'entra? "Un grande intellettuale siciliano, il pittore comunista Renato Guttuso, diceva sempre: in Italia non si può neanche morire", ricorda Sorgi che continua: "Povero De Donno, se avesse saputo che gli sarebbe toccato questo in sorte" dopo la scomparsa, "chi sa cosa avrebbe fatto. Il suicidio è un fatto personale, automotivato, sempre inspiegabile. Sicuramente sappiamo che il professor De Donno era andato incontro a un fallimento professionale tale da convincerlo ad abbandonare il suo posto in ospedale" a Mantova, "tale da lasciare il posto di primario per tornare a fare il medico di base" a Porto Mantovano, "e sembrava pure contento".
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"Poi si probabilmente si sarò reso conto di aver dissipato una carriera professionale", sostiene Sorgi collegando la parabola lavorativa e il suicidio del medico. "Eviterei di fare delle ipotesi", interviene allora la De Gregorio "proprio perché non lo sappiamo".