rebus no-vax
Insegnanti con l'obbligo di vaccino, ma chi sostituirà i no-vax? La scuola è rimasta ferma al 2020
Con la variante Delta che corre veloce, la riapertura delle scuole a settembre può rappresentare un problema più complicato da gestire di quello che ci si aspettava. Per evitare una curva incontrollata dei contagi, si guarda all’obbligo vaccinale per i prof, ma anche a una campagna di sensibilizzazione sempre più importante tra gli studenti al di sopra dei 12 anni. In tanti, complice il green pass, si stanno prenotando in questi giorni ma per i presidi non basta, considerando che per garantire una presenza al 100% non sarà possibile mettere in pratica il distanziamento nella maggior parte delle classi. Oggi alle 15 l’Associazione nazionale presidi, insieme ai sindacati del comparto scuola, incontrerà il ministro Patrizio Bianchi per presentare le proprie richieste e prima, in mattinata, ci sarà una riunione tecnica con le parti sociali, i dirigenti scolastici e il Cts. Il presidente dell’ANP Antonello Giannelli chiede che prima di sottoscrivere un Protocollo ci siano «indicazioni chiare da parte del decisore politico sull’obbligo vaccinale del personale scolastico e sul distanziamento. Su entrambi i profili, infatti - scrive in una lettera al Ministero dell’Istruzione - il parere del Comitato Tecnico Scientifico apre margini di incertezza che solo quel decisore può risolvere».
Per Giannelli, le indicazioni fornite dal verbale del CTS del 12 luglio sono «ambigue e per di più rese sulla base di un presupposto (il raggiungimento di una percentuale di vaccinati tra il personale scolastico e la popolazione scolastica over 12 pari al 60% a settembre) ad oggi di incerta realizzazione. Né alcuna scelta è stata compiuta dal decisore politico in relazione a dette indicazioni, visto che il ministero dell’istruzione non ha ancora adottato il Piano scuola 2021-2022. In definitiva, mancano ad oggi il documento tecnico con le relative misure e le scelte politiche cui il Protocollo 2021-2022 dovrebbe dare attuazione». Prima le misure tecniche e le scelte politiche, quindi, e solo dopo «si discuta della sottoscrizione del Protocollo di intesa». Se passasse l’obbligo vaccinale per i docenti, tra l’altro, il ministero dovrà anche chiarire come coprire le eventuali cattedre scoperte dai prof «no vax». La ministra per gli Affari Regionali, Maria Stella Gelmini, assicura che si sta cercando di potenziare i trasporti e che c’è un lavoro di coordinamento con i Governatori per «creare le condizioni per un ritorno in sicurezza e in presenza».
Sul rientro tra i banchi il commissario per l’emergenza, Francesco Paolo Figliuolo, non ha dubbi: «Dobbiamo riaprire le scuole, è un imperativo categorico. La scuola in presenza fa bene allo sviluppo sociale dei bambini». Per questo la struttura commissariale sta spingendo molto, in accordo con le regioni, sulla campagna vaccinale per i più giovani, puntando ad avere il 60% dei ragazzi vaccinati entro il 10 settembre. Il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, propone ingressi dedicati e hub senza prenotazioni. In Campania il governatore Vincenzo De Luca fa sapere che tutto il personale è stato vaccinato e che ora si farà uno sforzo in più per «vaccinare i ragazzi»: «Faremo un punto a inizio settembre, se sarà necessario aspettare un’altra settimana per aprire le scuole lo faremo, l’importante è completare la campagna di vaccinazione in modo tale che i ragazzi potranno tornare a scuola in grande tranquillità». In Puglia l’assessore Pier Luigi Lopalco assicura che «per docenti e personale amministrativo, siamo al più 90 per cento» e che per gli studenti fra 12 e 19 anni partirà a breve la «chiamata attiva alla vaccinazione, che ci permetterà di incrementare l’attuale copertura che si attesa fra il 25 e il 30%». L’obiettivo principale, per quanto riguarda i docenti, è quello di uniformare la campagna su tutto il territorio, perché se si considera la media nazionale solo il 15% del personale non si è sottoposto al vaccino. Ma ci sono nove regioni in cui questa percentuale cresce esponenzialmente e va dal 77 al 50%: «Questo non va bene», insiste Figliuolo. «È importante che in quelle regioni, soprattutto, si convinca il personale docente e non docente a fare questo atto di generosità, perché solo così riparte il nostro Paese».