Dopo 7 anni assolto Gianni Alemanno. "Innocente": non uno slogan, ma la verità
Il calvario di Gianni Alemanno finisce qui, con l’assoluzione in Cassazione – la giustizia, tardi, ma prima o poi arriva sempre – per l’accusa più dura. La corruzione non esiste, non c’è stata, fine dei giochi spericolati contro l’ex sindaco di Roma. E chissà a quanti è andata storta la decisione che pone fine a ingiustizie e vendette consumate troppo a lungo da gente senza scrupoli. La Cassazione ha rinviato in appello. Alemanno in uno scampolo processuale legato ad un episodio di traffico di influenza connesso al finanziamento illecito. Bagatelle rispetto a quello che gli hanno fatto in sette interminabili anni. Ma cambia davvero tutto nella sua vita. Come uomo e come militante politico. La sua esperienza servirà ancora, aldilà della forma che assumerà. Di certo so solo che ora davvero dovrebbero inginocchiarsi tutti quelli che hanno ricoperto di insulti Alemanno per le accuse ricevute dalla magistratura in un teorema assolutamente incomprensibile. Crolla un’impalcatura che lo dipingeva come un criminale; a restare scornato è chi fino a ieri mattina pregava perché andasse in carcere, macchiato con l’onta della corruzione.
Fine dell'incubo "Mafia Capitale" per Alemanno: la Cassazione lo assolve per corruzione
Schiattino loro, menagramo e sbafatori della giustizia usata per abbattere gli avversari politici. Alemanno resta libero e pulito. Un combattente come pochi che ha saputo resistere alle accuse più infamanti. E io le ricordo tutte quelle tappe, a partire dal primo avviso di garanzia, 4 dicembre 2014. Mafioso, c’era scritto. Ora ci facciano i coriandoli con quella roba, perché poco dopo quell’imputazione cadde. Ma non bastava. Perché rimaneva in piedi l’accusa – e condanne inusitate in primo e secondo grado – di corruzione senza corruttore. Solo in Italia succedono di queste cose che ti lasciano senza fiato. «Hai preso i soldi». Da chi? «Non lo sappiamo». Pianeta «giustizia». Poi ieri, finalmente, la Cassazione. Hanno scavato, scavato, scavato, nell’inchiesta erano andati a cercare persino le pepite d’oro in Argentina. Nulla di nulla, ed ora termina l’incubo. Provate a mettervi nei panni di tutti quelli che gli hanno voluto bene. E anche di chi ci aveva creduto, alle imputazioni, e che ora torna a guardare Alemanno con gli occhi di prima. Quel che resta sono davvero briciole di un’inchiesta che doveva distruggere il sindaco della Capitale e la destra romana per la storia che Alemanno rappresenta. Sono stati scornati per davvero. Il fango gettato a più mani su di lui torna in faccia a chi lo voleva sepolto in vita. Ma questa inchiesta ha anche macchiato l’immagine della città nel mondo e che vergogna – ora lo possiamo davvero dire – la speculazione immonda di Ignazio Marino, il successore maldestro di Alemanno in Campidoglio, e che pena Virginia Raggi, che ora si trova a doversi rimangiare indegne accuse pronunciate in questi anni.
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Tutto cominciò con la mafia ed è un paradosso. Prendo a prestito le parole di un consigliere regionale del Lazio, Angelo Tripodi, anche lui è stato in quella covata della destra sociale di cui Alemanno è stato leader: «Gianni Alemanno non è un corrotto e la sua storia di destra parla chiaro. È cresciuto con i miti di Borsellino e Falcone. La giustizia è arrivata tardi a differenza di altri...». Tripodi è capogruppo della Lega, ma sulle agenzie scorrono gli abbracci ad Alemanno da Fratelli d’Italia a Forza Italia, a tutto il centrodestra. Non parla la sinistra, ammutolita. Tacciono i grillini, rimasti senza fiato. Alemanno innocente non è più uno slogan degli amici rimasti. I silenzi di chi ha pascolato a lungo sulla drammatica avventura giudiziaria dell’ex sindaco fanno male. E testimoniano quanto bisogno ci sia di un’autentica svolta nella giustizia. Dottor Giuseppe Pignatone, lei era a capo della Procura della Repubblica di Roma: nessuno pagherà per il crollo di un teorema accusatorio, dalla mafia alla corruzione, ma due righe di scuse ad Alemanno gliele manderà? È vero che si deve avere fiducia nella giustizia, ma perché bisogna aspettare un tempo infinito per vedersi riconosciuta l’innocenza? (P.s.: Mi perdonerà il lettore per il taglio dell’articolo condito anche da riferimenti personali. Ma chi ha conosciuto Alemanno e lo ha frequentato per una vita sapeva chi si era trovato a fianco. Ma temevo davvero che la notte scorsa l’avesse dovuta passare in carcere. E stavo lì a chiedermi e mo’ con chi litigo...).
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