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Variante Delta, ecco chi rischia davvero in Italia. Meno vaccini per "incertezza sulle dosi"

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A che punto è la diffusione della variante Delta e quali impatto può avere sul sistema sanitario e sulla campagna vaccinale? L'ultima indagine flash dell’Iss stima al 22,7% la prevalenza con notevoli differenze regionali (il range va dallo 0 al 70,6 per cento). I timori  non sono per i vaccini, che coprono bene da ricoveri e decessi, ma dagli oltre 5 milioni di over 60 che non hanno completato il ciclo vaccinale e che quindi risultano scoperti. A rilevarlo è la fondazione Gimbe nel  report settimanale.

 

"I dati provenienti dall’Inghilterra e quelli, seppur preliminari, di Israele - puntualizza Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della fondazione Gimbe - confermano l’elevata efficacia del ciclo vaccinale completo nel prevenire le forme severe di Covid-19, le ospedalizzazioni e i decessi. Tuttavia nel nostro Paese il tallone d’Achille della campagna vaccinale è attualmente rappresentato dagli oltre 5,75 milioni di over 60 a rischio di malattia grave privi di adeguata copertura contro la variante Delta" Sono loro che rischiano di più. In dettaglio, 2,29 milioni (12,8%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino con rilevanti differenze regionali (dal 22,6% della Sicilia al 7,7% della Puglia)  e oltre 3,46 milioni (19,4%) devono completare il ciclo dopo la prima dose: 2.495.962 con AstraZeneca, 837.052 con Pfizer-BioNTech, 128.878 con Moderna. Peraltro, il trend di somministrazione delle prime dosi per fasce di età conferma ormai l’appiattimento delle curve degli over 80 e delle fasce 70-79 e 60-69 e registra una flessione da oltre 4 settimane per la fascia 50-59 anni e da circa 2 settimane per la fascia 40-49, seppure con notevoli differenze nelle percentuali di copertura tra le varie classi anagrafiche. 

 

Altre le criticità sul piani vaccinale. Il numero di dosi consegnate è nettamente inferiore all’atteso: - 14.266.090 (-50,5%) nel 1 trimestre e -15.234.673 (-20%) nel 2 trimestre. Le consegne delle aziende produttrici, fatta eccezione per Pfizer/BioNTech, sono state discontinue per tempistiche e quantità, rendendo più difficile la programmazione regionale.

 

 Si registra inoltre una nuova flessione nelle vaccinazioni nell’ultima settimana in Italia. Al 7 luglio (aggiornamento ore 6.12), il 59,6% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (35.323.440) e il 36,4% ha completato il ciclo vaccinale (21.593.307). Negli ultimi 7 giorni si è registrata una nuova flessione delle somministrazioni che scendono del 4,1% (3.734.039), con una media mobile a 7 giorni di 524.202 inoculazioni al giorno. Un rallentamento imputabile all’incertezza relativa alle dosi in arrivo, oltre che alla diffidenza sempre maggiore nei confronti dei vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson. Rimangono tuttavia oltre 6 milioni di dosi già consegnate alle Regioni in attesa di essere inoculate: 2.095.382 di Pfizer/BioNTech, 600.970 di Moderna, 2.365.462 di AstraZeneca, 1.000.007 di Johnson & Johnson. "Va inoltre rilevato come la percentuale di prime dosi sul totale delle dosi somministrate - spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della fondazione Gimbe - sia in riduzione da 3 settimane consecutive con un valore che dal 74% della settimana 7-13 giugno è sceso al 38% della settimana 28 giugno-4 luglio, con un calo del 49% in 3 settimane".

Nonostante una consistente disponibilità residua (oltre 3,36 milioni di dosi al 7 luglio 2021), i vaccini a vettore adenovirale non riescono ad essere adeguatamente impiegati sia per le modifiche alle indicazioni d’uso per fasce d’età sia per la crescente diffidenza della popolazione, rendendo la campagna sempre più dipendente dai vaccini a mRNA.

 

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