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Giusy Vitale, l'assurda storia di "Lady mafia": dal pentimento al ritorno come boss della droga

Il nome di Giuseppa ‘Giusy’ Vitale torna alla ribalta nelle vicende di mafia. Quando nel 2005 Giusy decise di pentirsi a Partinico in provincia di Palermo successe il finimondo. La prima donna alla guida di un importante mandamento mafioso passava dalla parte degli "sbirri" per poter rivedere i figli. Venne maledetta dalla madre, ripudiata da fratelli e parenti, minacciata, isolata e considerata alla stregua della lebbra. Il suo nome per anni non si poteva nominare a Partinico.

 

 

Tutta una messinscena, secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che questa mattina l'hanno arrestata di nuovo nell'ambito dell'operazione in cui sono state eseguite 85 misure cautelari. Per Giusy Vitale l'accusa è di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. A distanza di 13 anni, dal suo pentimento, dopo deposizioni, verbali, testimonianze a processi, un libro scritto fra le polemiche delle vittime di mafia, 'Lady mafia' è tornata all'onore delle cronache e soprattutto è tornata vicino ai suoi parenti. Pur in una località segreta, pur con identità diversa secondo gli inquirenti sarebbe la regista dei traffici di droga del nipote Michele Casarruba. Questo i pm della Dda contestano alla prima donna boss a capo di un intero mandamento mafioso, alla donna che sfidò Bernardo Provenzano, re di Cosa Nostra dopo l’arresto di Totò Riina, facendo uccidere un suo uomo a Partinico: di essere una trafficante di droga che ha acquistato grosse partite di cocaina a Milano, Bergamo e Roma. In quest'ultimo caso insieme al nipote Michele Casarruba nel novembre 2018. Un acquisto trattato con 'Claudio Casamonica', personaggio di spicco dell'omonimo clan romano.

 

 

Secondo gli inquirenti le conversazioni registrate tra la Vitale e il nipote hanno messo in luce l'ausilio fornito dalla prima al nipote nell'interpretare fatti ed accadimenti relativi all'attività di traffico di stupefacenti svolta dallo stesso. L'Autorità Giudiziaria ha quindi evidenziato come sia "pertanto assolutamente chiaro come la donna non si sia dissociata dall'ambiente criminale in genere e da cosa nostra partinicese in particolare". Sempre per il gip di Palermo "la mancata dissociazione emerge in maniera chiara nel corso di una conversazione registrata nel dicembre 2018 quando la Vitale, dopo aver ascoltato quanto riferitole dal nipote in ordine al comportamento tenuto dal cugino Michele Vitale nei confronti di Salvatore Primavera, commenta la convocazione del Vitale da parte di appartenenti a Cosa Nostra partinicese evidenziando la normalità della procedura pienamente conforme alla regola”. E ora anche la nuova-vecchia vita da boss è finita.