Rivolte in carcere, a essere indagati sono gli agenti di polizia penitenziaria
Sono 52 gli appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria nei confronti dei quali è in corso l’esecuzione di misure cautelari disposte dal gip di Santa Maria Capua Vetere nell’ambito dell’inchiesta della Procura sammaritana sui presunti pestaggi avvenuti nel carcere casertano ad aprile 2020. Tra i destinatari di misura cautelare figura anche Antonio Fullone, provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Campania.
L’inchiesta era stata avviata a seguito delle denunce, da parte di alcuni detenuti, di violenze avvenute nei loro confronti come «punizione» per la rivolta scoppiata il 6 aprile 2020 a seguito di alcuni casi di positività al Covid in carcere. A giugno 2020 oltre 40 agenti della polizia penitenziaria sono stati raggiunti da avvisi di garanzia in quanto indagati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere per reati di tortura, violenza privata e abuso di autorità ai danni dei detenuti. All’esterno del carcere sammaritano si tennero proteste da parte di agenti di polizia penitenziaria per il coinvolgimento dei colleghi nell’inchiesta e per le modalità di notifica degli atti.
Esprime «sorpresa ed amarezza» il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) dopo la notizia che i carabinieri di Caserta stanno eseguendo 52 misure cautelari emesse dal gip su richiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di appartenenti al corpo della polizia penitenziaria coinvolti negli scontri con i detenuti che avvennero il 6 aprile 2020, in pieno lockdown, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Primato Italia: nella Ue nessuno ha più sovraffollamento carcerario
«Prendiamo atto dell’iniziativa adottata dai magistrati - dichiara il segretario generale del Sappe Donato Capece - La presunzione di innocenza è uno dei capisaldi della nostra Carta costituzionale e quindi credo si debbano evitare illazioni e gogne mediatiche. A noi sembrano provvedimenti abnormi considerato che dopo un anno di indagini mancano i presupposti per tali provvedimenti, ossia l’inquinamento delle prove, la reiterazione del reato e il pericolo di fuga. Confidiamo nella magistratura perché la polizia penitenziaria, a S. Maria Capua Vetere come in ogni altro carcere italiano, non ha nulla da nascondere».