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Vaticano contro il ddl Zan: il no della Chiesa non compromette la laicità

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Andrea Amata
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Il Vaticano, attraverso il canale ufficiale del suo segretario per i Rapporti con gli Stati della segreteria di Stato, monsignor Paul Richard Gallagher, ha recapitato all'ambasciata italiana presso la Santa Sede una nota di ostilità al disegno di legge Zan in quanto lederebbe la "libertà di pensiero" della comunità dei cattolici. La comunicazione formale del rappresentante diplomatico della Chiesa cattolica, equiparabile alla nostra Farnesina, verte sulla possibile violazione dell'accordo di revisione del Concordato stipulato nel 1984.

L'articolo 2 del "patto", aggiornato a Villa Madama, stabilisce la piena libertà per la Chiesa di «organizzazione» e di «esercizio del magistero» e per i cattolici «di manifestazione del pensiero» con ogni mezzo. L'agibilità di tali prerogative, secondo il Vaticano, verrebbe pregiudicata dalla approvazione del ddl Zan sull'omofobia.

La Carta all'articolo 7 ha cristallizzato i contenuti della formula pattizia celebrata fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, costituzionalizzandone i rapporti che possono evolvere attraverso intese concordate. Lo Stato Italiano è indipendente, sovrano e laico con quest'ultimo attributo a specificare la piena autonomia del nostro ordinamento da ingerenze ascrivibili alle autorità religiose. Tuttavia, le obiezioni della Santa Sede non vanno liquidate come intrusive o violative della sovranità statale e del principio della laicità dello Stato, essendo esplicative di un vulnus imputabile all'impianto liberticida della legge Zan.

Uno degli articoli più controversi della legge sulla omotransfobia è il 7, che, istituendo la Giornata nazionale contro l'omofobia, la lesbofobia e la transfobia, vincolerebbe le scuole private, dunque anche quelle cattoliche, a strutturare attività che il magistero della Chiesa reputa antitetiche alla propria dottrina. Il ddl Zan rischia di compromettere le relazioni fra lo Stato italiano e quello pontificio che sono regolate da disposizioni di natura pattizia, peraltro legittimate dalla fonte di rango costituzionale all'articolo 7 della Carta.

Se un ministro del culto cattolico durante una celebrazione liturgica dovesse esprimere delle opinioni di dissenso, maturate dal catechismo di cui è apostolo, al modello culturale propugnato dalla legge Zan verrebbe sottoposto allo scrutinio giudiziario? Oltre alla libertà di pensiero, che è scolpita nell'articolo 21 della Costituzione, si rischia di compromettere la libertà di culto sancita nell'articolo 19 dai padri costituenti. La sinistra rivela la sua ipocrisia avendo sempre avocato a sé la retorica della difesa dei valori costituzionali, magnifcandone la bellezza, per poi tentare di deturparne il volto. Le reazioni all'iniziativa del Vaticano non si sono fatte attendere con Matteo Salvini che da Lamezia Terme, impegnato ad inaugurare una sede della Lega, ha dichiarato:«Del Ddl Zan abbiamo sempre contestato il fatto che fosse un bavaglio nei confronti della libertà di opinione. Quindi, se c'è la volontà di ragionare insieme su un testo che non intacchi questo principio e che tuteli da ogni discriminazione noi siamo assolutamente d'accordo».

Il segretario del Pd Enrico Letta a Radio Anch'io, commentando il disappunto del Vaticano al ddl Zan, si è rifugiato in affermazioni tartufesche: «Siamo pronti a guardare i nodi giuridici pur mantenendo un favore sull'impianto perché la norma è di civiltà per il nostro Paese, il nostro è sempre stato un atteggiamento di apertura». Ricordiamo al segretario dei Dem che una legge per definirsi di civiltà non dovrebbe rendere perseguibili le opinioni indisponibili ad omologarsi all'impianto dogmatico di un provvedimento di cui il suo partito è il principale paladino.

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