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Dubbi e timori, scatta la fuga dai vaccini. E gli scienziati litigano sul mix

Carlo Solimene
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«Abbiamo perso la fiducia anche dei più entusiasti» si lamentava alcuni giorni fa Roberto Burioni, criticando alcune scelte comunicative sui vaccini che hanno provocato un crollo della credibilità dei prodotti in uso. E gli effetti di quanto denunciato dal virologo italiano sta nei numeri della campagna nell’ultima settimana. Da venerdì 11 giugno - il giorno dopo la scomparsa di Camilla Canepa, la 18enne di Genova ricoverata dopo l’iniezione di una dose di AstraZeneca in un Open day della Regione Liguria - e fino a martedì 15 sono state somministrate circa 320 mila dosi di vaccino in meno rispetto alla settimana precedente. In pratica, un calo medio di 64mila dosi al giorno. Ascrivibile soprattutto alla mancanza di fiducia nei confronti di Astrazeneca e alla raccomandazione di evitare i richiami con il farmaco anglosvedese agli under 60. Negli stessi 5 giorni, infatti, il siero di Oxford passava dalle circa 349mila inoculazioni della settimana precedente a 172.575. Un calo superiore al 50%.

 

Sono dati preoccupanti, specie se si considera quanto accadrà nel terzo trimestre, quando delle 94 milioni di dose attese dall’Italia ben 26 milioni dovrebbero arrivare proprio dall’azienda anglosvedese. A chi iniettare un simile quantitativo di vaccini? Sottraendo dal conto gli under 60 e i richiami agli «over» che hanno ricevuto la prima iniezione con un altro farmaco, non resta una platea così vasta.

 

Ma il rischio di un eccesso di dosi di AstraZeneca potenzialmente inutilizzate - la Francia ha affrontato lo stesso problema donando il surplus alla campagna Covax per i Paesi più poveri - non è l’unico in questa fase delicatissima. Perché a destare perplessità è stato anche il velocissimo ok dell’Aifa all’effettuazione del richiamo con un farmaco diverso. E le critiche più dure sono arrivate da chi l’Agenzia italiana del farmaco la conosce bene. L’ex direttore generale Luca Pani. «L’autorizzazione al mix vaccinale è incomprensibile e irrazionale. È una scelta basata su studi e dati deboli e rischia di rivelarsi presto un pericoloso boomerang» dice il predecessore di Magrini in un’intervista a «Il Foglio». Pani, oggi docente alla University of Miami negli States e a Modena in Italia, continua– «Il danno più preoccupante è la gravissima perdita di credibilità delle agenzie regolatorie dei medicinali che dovrebbero promuove e proteggere la salute umana grazie all’uso corretto dei prodotti farmaceutici. È stato invece un tutti contro tutti, a colpi di tweet stizziti di domenica mattina o procedimenti quanto meno discutibili il giorno seguente. L’Ema (Agenzia europea dei medicinali), visti i molti elementi di disinformazione in merito alla valutazione scientifica del vaccino incriminato, è stata costretta a ribadire che il rapporto rischi-benefici resta positivo confermando il valore della sua autorizzazione per tutta la popolazione, indipendentemente dall’età».

 

Sulla stessa posizione di Pani svariati scienziati. Per l’infettivologo Massimo Andreoni «l’Aifa poteva aspettare più dati», mentre Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, dice all’AdnKronos che con il mix di vaccini «non mi sentirei certamente più sicura sull’efficacia dell’immunizzazione, ma non temerei gli effetti collaterali».

Una babele scientifica che scatena ancora una volta le perplessità delle Regioni, in prima linea nella campagna: «In Italia parla l’Istituto superiore di sanità, il Comitato tecnico-scientifico che non ha competenza, parla l’Aifa, parla il generale in tuta mimetica. Parlano tutti meno il ministero della Salute» accusa il governatore della Campania Vincenzo De Luca. E i cittadini non si mostrano più fiduciosi. L’Unità di Crisi della Regione Lazio fa notare come ci sia un 10% di persone che non si è presentata per il richiamo. Inoltre altre hanno chiesto «in maniera consapevole e informata» di completare il percorso vaccinale per l’immunizzazione con la seconda dose di AstraZeneca. Per questo motivo si è deciso di chiedere un parere al ministero della Salute riguardo a uno specifico consenso informato «affinché possa decidere il medico in scienza e coscienza».

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