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La strage degli innocenti di Ardea. Un'esecuzione, ma troppe ombre sulla follia
È puro orrore quello che è accaduto ieri ad Ardea, sul litorale romano. Una esecuzione folle ma glaciale per freddezza di due bambini, David di 10 e Daniel di 5 anni. E poi di un uomo - Salvatore Ranieri, che era lì in vacanza e passando in bici aveva provato a difenderli. Un quarto uomo si è salvato per miracolo, perché solo nel suo caso il colpo non è andato a segno. L'assassino, Andrea Pignani, 34 anni, con la pistola in mano si è incamminato verso casa come non fosse accaduto nulla. La madre, quando l'ha visto così, è scappata e lui una volta dentro si è sparato l'ultimo colpo in testa. Si è subito detto che era un dramma della follia perché chi ha fatto la strage è stato subito definito «psicolabile». E certo vedere un uomo che punta la pistola alla testa e alla gola di due cuccioli come David e Daniel non può fare credere ad altro che a follia. Nell'ora drammatica in cui si cercava inutilmente di salvare la vita ai due piccini, con il padre inginocchiato su loro a tenere le manine, e si stringeva d'assedio la casa del Pignani senza sapere che si era già tolta la vita, sono circolate molte ipotesi, e fra queste anche quella che l'assassino fosse notoriamente malato di mente e avesse già subito Tso anche in tempi recenti. Non c'è ne è traccia ufficiale, e anzi l'ipotesi è stata negata dal sindaco di Ardea che avrebbe dovuto firmarli e tenerne copia. Di sicuro si sa solo che la pistola che Pignani aveva in mano era quella del padre, che faceva il vigilante ed era morto ancora in giovane età qualche mese fa. È una delle ombre che ci sono su questa strage, e non l'unica. Quella pistola doveva essere riconsegnata dalla famiglia e a dire il vero pretesa dalle autorità di pubblica sicurezza subito dopo il decesso dell'unico che aveva titolarità ad averla nelle sue mani. Ma non è stato fatto. Secondo la versione data agli inquirenti dalla vedova del vigilante la pistola non si è mai trovata dal giorno stesso della morte del marito: forse era stata sottratta fin dal primo giorno dal figlio, forse è stata tragicamente scovata nel misterioso nascondiglio ieri. Non pretenderla indietro né cercarla di fronte alla misteriosa scomparsa è stato errore grave, acuito anche dal fatto che chi viveva lì dentro era stato segnalato alle forze di polizia in tempi molto recenti per avere minacciato la madre con un coltello. C'è indubbiamente leggerezza dietro l'impensabile tragedia capitata. Ma anche più di un'ombra.
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L'assassinio ha avuto ieri mattina le modalità di una vera e propria esecuzione, come se a sparare fosse un killer e non un uomo non abituato a maneggiare armi e in preda alla follia. Andrea non è uscito di casa con quella pistola sparando all'impazzata verso tutto e tutti e colpendo per caso chi passava di lì. Ha scelto i suoi obiettivi e preso la mira per fare partire colpi mortali. Impossibile andare a segno in quel modo per un neofita: le caratteristiche della strage sono quelle di un atto terribile, ma premeditato. A cui forse per lungo tempo ci si è pure allenati: chi mai aveva preso in mano un'arma non avrebbe centrato alcun obiettivo in modo così freddo e preciso. L'impressione è che ci sia qualcosa di più da scoprire. Sarebbe naturale pensare che un gesto così orribile e inconcepibile sia possibile solo per improvvisa follia. Avremmo voluto credere la stessa cosa anche quando si seppe che un bimbo in Sicilia fu rapito, tenuto prigioniero in una botola e poi strozzato con una esecuzione e sciolto nell'acido per fare sparire il corpo. Ma non fu follia: il male che alberga l'uomo è capace di fare compiere anche cose così orrende con lucidità.
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Le indagini chiariranno i dubbi che ieri non sono stati sciolti: se l'assassino e il padre dei bambini si fossero mai conosciuti prima, avessero discusso e anche litigato fosse pure per «futili motivi» come qualche ricostruzione nelle prime ore sosteneva. Il papà - a cui non si può che essere vicini in questo dramma che spacca l'anima - era agli arresti domiciliari per una condanna per traffico di stupefacenti e l'anno scorso in primo grado fu pure condannato a due anni per un presunto agguato a due pizzaioli di Ostia legati al clan Fasciani. Con lui erano stati arrestati anche altri «napoletani» ritenuti esponenti dei clan protagonisti di guerre di mafia sul litorale (Spada, Fasciani, Triassi, etc...). La pena da scontare per regolare il conto con la giustizia era piccola, quella che gli ha squassato il cuore ieri è tremenda e segnerà tutto il resto della vita. Anche per questo è giusto e importante diradare qualsiasi ombra ci sia sulla strage di ieri.