strage di ardea

Andrea Pignani, perché il killer di Ardea aveva una pistola: la rivelazione degli investigatori

Conferme e smentite nelle indagini partite per la strage di Ardea, dove Andrea Pignani, 35 anni, ingegnere informatico, questa mattina ha iniziato a sparare in strada, uccidendo i due fratellini di 5 e 10 anni David e Daniel Fusinato e il 74enne Salvatore Ranieri prima di suicidarsi in casa tra le villette del consorzio Colle Romito.

 

Le drammatiche testimonianze dei residenti fanno pensare a una tragedia annunciata: l'uomo avrebbe avuto problemi mentali e aveva a disposizione una pistola con cui avrebbe minacciato più volte altri residenti e avrebbe sparato in aria in alcune occasione. Una bomba pronta a esplodere che i residenti dicono di aver segnalato alle forze dell'ordine in più occasioni. Eppure secondo Adnkronos che cita fonti dei carabinieri, non era stata presentata nessuna denuncia ai militari di Ardea da parte dei residenti del consorzio di Colle Romito contro Andrea Pignani. 

 

Il 34enne a maggio 2020 aveva minacciato la madre con un coltello, si apprende. In quel caso l’uomo fu sottoposto a un Tso, un trattamento sanitario obbliogatorio, ma a parte quell’episodio non risulterebbero segnalazioni di patologie psichiatriche a suo carico. Agli atti non ci sono dunque documenti che possano attestare il precario stato mentale del suicida, se non l’intervento del maggio dello scorso anno, quando aveva minacciato la madre convivente con un coltello, venendo accompagnato dall’automedica in ospedale per un 
Tso. Secondo quanto riferito oggi dalla madre, il figlio sarebbe uscito dall’ospedale il giorno dopo. Alcuni residenti del comprensorio, tuttavia, hanno detto che l'ingegnere informatico era uscito da una decina di giorni da una struttura per problemi mentali. 

 

Sotto la lente anche il possesso dell’arma, una Beretta calibro 7,65, che apparteneva al padre morto a novembre 2020 che faceva la guardia giurata. La morte dell’uomo non era nota alla stazione dei carabinieri di Tor San Lorenzo. Ai militari sarebbe dovuta pervenire una segnalazione sulla detenzione della pistola da parte della famiglia, cosa che invece non si è verificata. La pistola era stata quindi regolarmente denunciata dal padre del ragazzo ma nessuno della famiglia si era poi preoccupato di segnalarne la detenzione ai carabinieri dopo la morte dell’uomo.

Il padre, una guardia giurata, aveva detenuto la pistola a Roma fino a novembre del 2019, successivamente l’aveva trasferita a Colle Romito con certificato medico presentato al commissariato Esposizione. Contestualmente aveva presentato la richiesta di trasferimento dell’arma per la quale aveva poi avuto il nulla osta.

 

Si era parlato anche di una lite tra Pignani e il padre dei bambini uccisi. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri l’uomo non avrebbe mai avuto litigi con il padre dei bambini. Il 34enne sarebbe quindi stato colto da un raptus. Subito dopo il triplice omicidio si è barricato in casa per oltre tre ore e si è suicidato.