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L'ammiraglio sbotta sui migranti: "Basta illegali. Serve un nuovo piano per fermare le navi Ong sempre dirette in Italia"

Nicola De Felice
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Mentre il Ministro dell'Interno italiano Luciana Lamorgese accoglie a braccia aperte i rappresentanti delle ONG straniere, sostenendo irrazionalmente il traghettamento dei migranti clandestini paganti dalle sponde del continente africano all'Italia, la nave battente bandiera spagnola Aita Mari, dopo aver recuperato davanti alle coste libiche 50 clandestini ora alloggiati sui suoi ponti (territorio giuridicamente spagnolo) inviati sottobordo con un gommone dai banditeschi mercanti di esseri umani, sta ora dirigendo verso la Sicilia, nonostante abbia attuato il recupero in zone di competenza forestiera. La nave, da giorni in pendolamento a lento moto davanti a Zuara, ha finalmente ricevuto lo scontato pacchetto di mercanzia umana, ha puntato la prora verso Pozzallo non prima di aver passato il testimone alla nuova e più grande sorella norvegese, la Geo Barents, robusta nave da 5.000 tonnellate, idonea per le lunghe navigazioni. Il «fattore attrattivo» delle navi ONG davanti alle coste africane, facilmente individuabili in tempo reale sia nella posizione che nella rotta su ordinari siti di Internet (uno per tutti, vesselfinder.com), che tanto stimola gli scafisti in quanto predispone a rapidi e sostanziosi affari criminali, è dunque di nuovo in atto.

 

 

L'Aita Mari, nave da pesca di tonni, è alla sua quinta raccolta. Questa volta però c'è da sottolineare un fatto nuovo, propedeutico ad un verosimile incremento della presenza di navi ONG davanti a Tripoli e quindi di rischio di innalzare verosimilmente le morti in mare. I finanziamenti per questo tipo di attività, comunque onerosi sia per il noleggio delle navi sia per la loro manutenzione ed approntamento, ma anche per assicurare la paga agli equipaggi, sono ora assicurati dal popolo tedesco di fede protestante. La spagnola organizzazione non governativa «Humanitarian Maritime Rescue» proprietaria della nave - sottolinea che «il problema dell'enorme sforzo economico e logistico implicato nel noleggio della nave è oramai risolto». In questo senso, ha ringraziato il sostegno della ONG Sea Watch che, con una donazione di ben 120.000 euro, ha permesso ad Aita Mari di salpare lo scorso febbraio.

 

 

La Sea Watch è un'organizzazione non governativa tedesca fondata nel 2014, è proprietaria di una nutrita flotta nonché sostiene le attività di sorvolo nel Mediterraneo con aeri dedicati. Le attività delle sue navi come la Sea Watch 3, la Sea Watch 4 e la Sea Eye 4 sono finanziate con milioni di euro dalla Chiesa Evangelica Tedesca e gestita dal partito di estrema sinistra ed ex partito comunista della Germania dell'est Die Linke. La spola tra la sponda africana e l'Italia dei clandestini paganti che sfruttano le navi ONG è una prassi consolidata. Se non si vuole rimanere passivi di fronte alle molteplici infrazioni delle norme internazionali che queste navi attuano, occorre che il Governo italiano richiami l'ambasciatore spagnolo in Italia alle sue responsabilità dettate dal Regolamento Ue di Dublino: imporre la protezione internazionale e l'eventuale asilo politico a carico degli Stati di Bandiera, in questo caso la Spagna. Una lettera in tal senso è stata da me inviata all'indirizzo dell'ambasciatore a Roma, S.E. il dottor Alfonso Dastis, non avendo però ricevuto un minimo riscontro né tantomeno un accenno di risposta alla richiesta di incontro dedicato. Che allora gli illegali vadano alle Baleari, a 2 giorni di navigazione, come previsto dalla Legge del Mare dell'ONU, ratificata dal più di 200 Nazioni, tra le quali la Spagna.

 

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