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Vittoria dei rigoristi. Almeno hanno zittito i tele-virologi profeti di sciagure

Andrea Amata
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Sulla base dei dati giornalieri sul Covid, che ci illustrano il declino della curva epidemiologica, la mitigazione dei ricoveri e la riduzione progressiva dei decessi, possiamo intuire il ripristino della graduale normalità, nonostante i televirologi che sgomitano per vaticinare l'imminente recrudescenza epidemica. I profeti di sventura, vincolati alle loro presunte sicurezze cognitive, ci hanno ammorbato con «sinistri» oracoli, ammonendo le timide riaperture disposte dal governo Draghi come generatrici di apocalittici scenari. Per gli ideologi del lockdown l'adunata milanese dei festanti tifosi interisti andava censurata in quanto epicentro di una detonazione virale che si sarebbe riverberata nei giorni successivi in un incremento dei contagi, ma il barometro epidemico non ha registrato le anticipazioni allarmistiche degli astrologi del virus. 

 

Quando il premier Draghi annunciò la ripresa di diverse attività dal 26 aprile l'oltranzista della chiusura come lo storico dell'arte Tomaso Montanari si abbandonava a lapidari «cinguettii»: «Draghi, il nostro Bolsonaro». L'irritabile star del palinsesto televisivo dedicato al Covid, Massimo Galli, replicava alle riaperture con espressioni di diffidenza, predicando di «rischio calcolato male» per poi, una volta verificata l'evoluzione degli indicatori sanitari che infirmavano i suoi funesti pronostici, congedarsi provvisoriamente dai fari mediatici. Giusto il tempo di metabolizzare la rettifica della realtà alle sue pessimistiche congetture. Anche il microbiologo Andrea Crisanti bocciava le riaperture, liquidandole come «una stupidaggine totale» e inquadrandole in un atto di insubordinazione al dogma chiusurista di cui si ritiene un devoto seguace.

 

Alla dinamica graduale dell'allentamento alle restrizioni, dopo aver sperimentato gli effetti inoffensivi delle parziali riaperture sulla riacutizzazione epidemica con i dati che accertano un'attenuazione significativa dell'emergenza sanitaria, occorre integrare un orizzonte di certezze in nome della libertà. Senza prospettare la totale fruizione dei nostri spazi, affrancando il cittadino dall'obbligo della mascherina all'aperto nel rispetto del distanziamento interpersonale e dal coprifuoco, che rappresenta una misura infondata scientificamente e ulteriormente afflittiva per un Paese da 15 mesi limitato nell'esercizio delle più elementari libertà, non saremo scelti come destinazione di villeggiatura con devastanti effetti deleteri sul settore turistico e sul suo indotto.

 

La cabina di regia governativa ha spostato l'orario del coprifuoco dalle 22 alle 23, programmando un ulteriore differimento alle 24 per il 7 giugno e la cancellazione del rientro coatto in coincidenza dell'esordio della stagione estiva. Ha prevalso la linea dell'eccessiva prudenza, incarnata dal ministro Roberto Speranza, nonostante all'interno del governo le componenti contro il coprifuoco fossero numericamente predominanti. Emerge ancora il condizionamento dei teorici del panico che da mesi abusano della formula prudenziale del «siamo all'ultimo miglio» per farci pregustare una libertà che viene puntualmente posticipata. Nel mentre molte attività commerciali falliscono, precipitando nell'angoscia di un incessante limbo economico.

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