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Vaccino e richiami, la Federazione oncologi, ematologi e cardiologi contro la circolare del Comitato Tecnico Scientifico

Medici preoccupati per l'intervallo fra le due inoculazioni. “Chi ha il cancro non sviluppa adeguata risposta anticorpale con una dose"

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“Pur comprendendone gli obiettivi, siamo molto preoccupati per la decisione del Comitato Tecnico Scientifico di estendere l’intervallo fra la prima e la seconda dose dei due vaccini anti Covid a mRNA da 21 e 28 giorni a 42 anche ai pazienti fragili. I pazienti oncologici in trattamento attivo, in particolare, devono invece essere vaccinati con la seconda inoculazione entro 21 giorni. Le evidenze scientifiche infatti dimostrano che questi cittadini estremamente vulnerabili hanno meno probabilità rispetto alle persone sane di sviluppare una risposta anticorpale dopo la prima dose del vaccino prodotto da Pfizer (BNT162b2) e dovrebbero avere la priorità della seconda dose entro tre settimane”.

Il Prof. Francesco Cognetti, Direttore Oncologia Medica Regina Elena di Roma e Presidente FOCE (Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi), chiede al Comitato Tecnico Scientifico e al Ministro della Salute, Roberto Speranza, che non venga applicata la circolare sull’estensione degli intervalli di immunizzazione anti Covid ai pazienti oncologici e, con ogni probabilità, anche a tutti coloro che sono considerati estremamente fragili. “Bene la scelta di vaccinare più persone con la prima dose, come già sperimentato positivamente in altri Paesi – afferma il Prof. Aldo Morrone, Direttore scientifico dell’Istituto San Gallicano (IRCSS) -, purché questa scelta non venga applicata ai pazienti più fragili in trattamento attivo, secondo la tabella indicata dallo stesso Ministero della Salute. In queste persone è necessario somministrare la seconda dose entro i 21 o i 28 giorni a seconda dei diversi vaccini a mRNA utilizzati”. 

“I cittadini colpiti da tumore presentano un rischio maggiore di complicazioni se contagiati da Covid, con un tasso di mortalità del 30% in caso di ospedalizzazione - spiega il Prof. Cognetti -. Uno studio recente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica ‘Lancet Oncology’ ha dimostrato che la risposta anticorpale dei pazienti colpiti da tumori solidi e del sangue dopo la prima dose di vaccino è molto più bassa che in persone normali e che tale risposta si consolida solo dopo la seconda dose. Il tempo migliore per il richiamo deve rimanere quindi dopo 21 giorni. Lo studio è stato condotto dal King’s College di Londra. Sono stati arruolati 151 pazienti con tumori solidi o ematologici e 54 persone sane che hanno ricevuto la prima dose del vaccino di Pfizer (BNT162b2). Circa 21 giorni dopo l’inoculazione, solo il 38% dei pazienti con tumori solidi e il 18% con neoplasie ematologiche presentava un titolo positivo di immunoglobuline (IgG) rispetto al 94% delle persone sane. E l’analisi dei titoli IgG suggerisce che la principale differenza tra queste ultime e i pazienti con il cancro è proprio la mancata risposta. Considerando coloro che hanno ricevuto la seconda dose entro tre settimane, il 95% dei pazienti con tumori solidi e il 60% dei pazienti con neoplasie ematologiche hanno evidenziato una adeguata risposta anticorpale. Invece, tra coloro che non hanno ricevuto la seconda dose il ventunesimo giorno, solo il 30% dei pazienti con tumori solidi e l’11% dei pazienti con tumori ematologici hanno sviluppato una risposta contro il virus”.

“Questi risultati – conclude il Prof. Cognetti - sono analoghi a quelli preliminari finora conseguiti in uno studio tuttora in corso presso l’Istituto Regina Elena di Roma e l’Istituto San Gallicano di Roma in 816 pazienti con neoplasie solide in trattamento attivo o che hanno ricevuto il trattamento negli ultimi sei mesi. Su oltre 700 pazienti finora esaminati solo circa la metà risulteranno immunizzati dopo la prima dose e circa il 70% dopo un mese dalla seconda dose. Questi risultati mostrano inoltre valori nettamente più bassi rispetto a quelli ottenuti in una serie di alcune centinaia di medici e/o infermieri sani dello stesso Istituto. Va inoltre sottolineato che i pazienti immunocompromessi presentano una maggiore incidenza di infezione persistente da SARS-CoV-2, che può rappresentare un importante serbatoio per lo sviluppo di nuove varianti virali. Ecco perché vanno rispettati rigorosamente i tempi di somministrazione dei vaccini nei più fragili”.

Questi pazienti devono essere adeguatamente protetti perché la loro parziale o incompleta vaccinazione è ancora una delle cause più importante nel determinare la persistente elevata mortalità nei contagiati registrata nel nostro Paese.

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