Gli statali tornano in ufficio. Da Draghi nuove norme sullo smart working
Addio alla soglia minima del 50 per cento per lo smart working. Le pubbliche amministrazioni, da ora in poi, potranno decidere liberamente sul disporre il lavoro agile. È quanto prevede il decreto legge «proroghe» licenziato ieri dal governo Draghi. Un provvedimento che apre la strada al cosiddetto piano Brunetta che, in sostanza, responsabilizza maggiormente gli uffici pubblici ad erogare «servizi rivolti a cittadini ed imprese con regolarità, continuità ed efficienza», come riporta il relativo provvedimento del 17 luglio 2020, n. 77. Insomma, niente più alibi per la Pubblica amministrazione che da ora in poi non può più addebitare alcuni disservizi all'obbligo di applicare, seppur al 50 per cento, come fino a ieri, lo smart working. «Facciamo tesoro della sperimentazione indotta dalla pandemia e del prezioso lavoro svolto dalla ministra Dadone - sottolinea il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta - per introdurre da un lato, la flessibilità coerente con la fase di riavvio delle attività produttive e commerciali che stiamo vivendo, e dall'altro lato la piena autonomia organizzativa degli uffici».
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In sostanza, per Brunetta si tratta di «un percorso di ritorno alla normalità, in piena sicurezza, concordato con il Comitato tecnico-scientifico e compatibile con le esigenze del sistema dei trasporti». E così da domani e fino alla definizione della disciplina del lavoro agile nei contratti collettivi del pubblico impiego, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, le amministrazioni pubbliche potranno continuare a ricorrere alle modalità semplificate relative al lavoro agile, ma sono liberate da ogni rigidità. A regime, dall'inizio del 2022, invece, la norma conferma l'obbligo per le amministrazioni di adottare i Pola (Piani organizzativi del lavoro agile) entro il 31 gennaio di ogni anno. Il decreto proroghe, in merito, fa saltare anche il limite del 60 per cento indicato nei Pola, mentre scende dal 30 per cento al 15 per cento, la soglia minima in caso di mancata adozione dei Piani organizzativi.
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La scadenza dello smart working invece per i comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico, sempre nell'ambito della pubblica amministrazione, viene legata a quella dello stato di emergenza. La misura però non si limita a intervenire sulle regole straordinarie applicate durante la pandemia ma anche sul nuovo sistema organizzativo a regime, quello dei Pola appunto, introdotto lo scorso anno: per le attività che si possono condurre con modalità agili le norme sui Pola prevedevano che i dipendenti si potessero avvalere dello smart working «almeno per il 60%» nell'ambito dei piani organizzativi e per minimo «il 30 per cento» in caso di mancata adozione dei Pola, come detto. Ora la percentuale del 60 per cento, ribadiamo, sparisce e il minimo passa dal 30% al 15%. Ricordiamo che negli ultimi dodici mesi lo smart working è stato prorogato più volte. Ma un fatto è certo, il lavoro agile per la prima volta entra nel contratto dei dipendenti pubblici. E ciò grazie al Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale, siglato dal premier Mario Draghi e dallo stesso Brunetta assieme a Cgil, Cisl e Uil.
La contrattazione tra governo e sindacati sui contratti collettivi nazionali di lavoro del triennio 2019-21, in merito allo smart working, è in sostanza regolata dall'art. 2 dello stesso Patto che punta a «una disciplina che garantisca condizioni di lavoro trasparenti, che favorisca la produttività e forientamento ai risaltati, concili le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con le esigenze organizzative delle Pubbliche Amministrazioni, consentendo, ad un tempo, il miglioramento dei servizi pubblici e dell'equilibrio fra vita professionale e vita privata». E trai punti principali che dovranno regolare il lavoro a distanza, il diritto alla disconnessione, fasce di contattabilità, formazione specifica, protezione dei dati personali e permessi e assenze.
Addio smart working nel pubblico impiego? Salta l'obbligo del 50%