Piazzapulita e caso Calabresi, "mi vergogno di averlo firmato...". L'appello e le scuse di Paolo Mieli
“Mi vergogno di quell’appello”. Questo il commento di Paolo Mieli ai microfoni di Piazzapulita sulla vicenda del commissario Luigi Calabresi ucciso per mano delle Brigate Rosse. La puntata di giovedì 29 aprile, del talk di Corrado Formigli, dedica ampio spazio alle ultime notizie che arrivano dalla Francia sull'arresto degli ex terroristi nell'operazione "Ombre rosse".
Dopo una lunga intervista con Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi Calabresi, dove ripercorre la tragica vicenda del padre è il momento dello storico giornalista. Paolo Mieli nel 1971, scrisse un appello assieme ad altri 500 firmatari de L’Espresso in cui si chiedeva la destituzione del commissario Calabresi, due anni dopo la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli. Mieli, dopo anni, torna sulla vicenda dell’appello e sembra pentito della sua posizione sui fatti: “In quegli anni pensavamo che veramente ci fosse la mano dello stato dietro le stragi. Che Pinelli fosse stato scaraventato giù da una finestra e a quelle stragi se ne stavano accompagnando altri. C’era un clima di tensione, eravamo alla vigilia di un colpo di stato” racconta il giornalista.
“Io anni dopo l’appello sono stato uno tra quelli che ha fatto pubblica critica. Io mi vergogno delle cose che sto dicendo, non provo a rivendicarle, facemmo un errore abbiamo dato una colpa a qualcuno con una scusa. Dicevamo: io so chi è stato non ho le prove. Ma so chi è stato” continua Mieli. Il conduttore gli sottolinea come ci sia stato un furore ideologico attorno al commissario Calabresi, come questo omicidio fosse nell’aria. E che Calabresi fosse una vittima predestinata. Mieli ribatte così: “Mi sono dato un comandamento ma non ho le prove, rifletti prima di dire una frase di questo tipo, oppure cercale le prove. A fare: ‘io so ma non ho le prove tanto poi pagano altri.’ Tanto poi a sparare sono altri e io poi vado avanti e ridirò la stessa cosa: ‘io so, ma non ho le prove’. Beh, io mi vergogno davvero di quella cosa. Non è una bella pagina della mia vita” conclude lo storico.