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Il giudice arrestato e il passato oscuro: 1.350 armi, il clamoroso errore giudiziario e l'insulto a Fabrizio Quattrocchi

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Il Tribunale di Bari è finito nelle pagine di cronaca di tutta Italia per l'arresto del giudice Giuseppe De Benedictis e dell'avvocato Giancarlo Chiariello, finite al centro dell’inchiesta per corruzione dopo il presunto accordo avrebbe determinato la scarcerazione del pregiudicato foggiano Danilo Pietro Della Malva dopo un pagamento di 30mila euro.

 

Oltre alle notizie odierne ecco riemergere il passato del giudice arrestato: aveva 1.350 armi in casa, fu protagonista di un clamoroso errore giudiziario e insultò la memoria di Fabrizio Quattrocchi. Il primo caso riguarda l’arresto del 28 ottobre scorso per un’accusa di detenzione illegale di arma da guerra, riferita ad una carabina delle 1.350 armi della collezione che aveva in casa. Ma il nome di De Benedictis era finito al centro delle cronache già nel 2004, poiché aveva definito "fiancheggiatori delle forze della coalizione" anglo-americana e "mercenari" Salvatore Stefio, Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Fabrizio Quattrocchi, italiani sequestrati in Iraq. 

 

 

Nel 2007 arriva poi il caso di Ciccio e Tore, bambini scomparsi e ritrovati morti in una cisterna di Gravina dopo 20 mesi di ricerche. De Benedictis dispose l'arresto del padre dei due per omicidio e occultamento del cadavere dei figli, ma si rivelò un bluff totale questa ricostruzione. Dopo aver trascorso tre mesi in carcere e un mese agli arresti domiciliari, Filippo Pappalardi venne scarcerato visto che venne dimostrato che i due ragazzini erano caduti accidentalmente nella cisterna.

 

 

Ed ora ecco le intercettazioni che lo inchiodano sul caso attuale: “De Benedictis anticipa decisioni su imminenti scarcerazioni, dà rassicurazioni su assoluzioni in processi ancora da discutere, chiede ad un carabiniere amico di fare un accesso abusivo alla banca dati, riceve richieste di sistemare figli di amici per un posto di lavoro, promette perizie a familiari di amici che poi fa avere, ma soprattutto parla con alcuni avvocati su modifiche e revoche di misure cautelari. È stato documentato un rituale consolidato, Chiariello entra nella stanza del giudice e chiede di parlare, lui si alza, lascia il telefono nel cassetto e raggiunge l’avvocato, quasi sempre in concomitanza di una scarcerazione di un cliente del legale”.

 

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